Quei ruderi angioini trasformati in discarica
I Torrioni sono ciò che resta dell'imponente castello che fu cominciato in età angioina, per difendere da est la città e che nei secoli ha avuto alterne vicende. Spesso gloriose, fino al quasi totale abbattimneto agli inizi del Novecento. La prima pietra fu messa, nel 1382, da Carlo III di Durazzo che fece costruire una torre che, perla sua forma, fu chiamata lo «Sperone». Quattro anni dopo furono aggiunte nuove opere di difesa. Solo un secolo dopo, in età aragonese, re Ferrante, pensò a un allargamento delle mura cittadine e, nel quadro di questi lavori urbanistici, inserì l'ampliamento e il rinforzo del torrione, trasformandolo in un baluardo nel sistema difensivo napoletano. Nel 1647, il torrione divenne il quartier generale di Gennaro Annese che affiancò Masaniello nella sua rivolta. Ma fu fra 1660 e il 1665 che il Castello si trasformò in vera fortezza, grazie al vicerè di Bracamonte. Durante la rivoluzione del 1799 e la caduta della Repubblica Partenopea, nel castello del Carmine furono imprigionati Eleonora Pimentel Fonseca, Luisa Sanfelice, Ettore Carafa, Giuliano Colonna, Gennaro Serra e Oronzio Massa. Per tutto l'800, il Castello fu adibito a carcere militare, poi, nel primo decennio del '900, fu adattato in parte per essere un panificio militare, in parte a caserma che corrisponde all'attuale caserma Sani, dall'altro lato di via Marina dove c'è anche la splendida chiesa del Carmine con il famoso campanile del Fra Nuvolo.