Il documento Dopo una visita nel 1866 l’artista napoletano scrisse «proteggete quel luogo o andrà in rovina»

Il primo allarme lanciato 140 anni fa da Tito Angelini

La'ccademia di archeologia cercò di proteggere le opere antiche nascoste tra i rovi
8 marzo 2011 - pa.bar.
Fonte: Il Mattino

«Da ultimo rivolgiamo un appello al Museo Nazionale perché un monumento di tale pregio sia trasferito nel museo stesso onde assicurarne la pubblicazione, perché lasciato più a lungo dove ora si trova tra la naturale umidità del luogo e le piogge che dal malcustodito soffitto vi cadono, anderà fra non molto a certa e irreparabile rovina». L’appello per salvare la Cappella di Nazareth potrebbe essere stato scritto ieri, invece è stato lanciato 145 anni fa da Tito Angelini che visitò il luogo per conto della «Accademia di archeologia, lettere e belle arti». Mario Alamaro stringe il resoconto dell’Accademia mentre guarda lo strazio della cappella di Nazareth e chiede ad alta voce: «Perché nessuno ha fatto niente?». Alamaro è un dirigente dell’ufficio sottosuolo del Comune di Napoli al quale ci siamo rivolti prima di avventurarci nella scalata ai Camaldoli. Appassionato studioso della storia della città, profondo conoscitore (per mestiere e per passione) delle cavità di Napoli, Alamaro ha partecipato al sopralluogo. Ha immediatamente chiesto l’intervento dell’Ufficio Fognature per verificare la situazione dello scarico a cielo aperto che ha causato le frane intorno alla cappella. Ha anche cercato di mettere in moto la macchina del «soccorso» a quel luogo storico. L’ultimo sopralluogo ufficiale alla cappella di Nazareth risale al 2004 quando i carabinieri del nucleo «tutela patrimonio culturale», verificarono la situazione di degrado.

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