Il primo allarme lanciato 140 anni fa da Tito Angelini
«Da ultimo rivolgiamo un appello al Museo Nazionale perché un monumento di tale pregio sia trasferito nel museo stesso onde assicurarne la pubblicazione, perché lasciato più a lungo dove ora si trova tra la naturale umidità del luogo e le piogge che dal malcustodito soffitto vi cadono, anderà fra non molto a certa e irreparabile rovina». L’appello per salvare la Cappella di Nazareth potrebbe essere stato scritto ieri, invece è stato lanciato 145 anni fa da Tito Angelini che visitò il luogo per conto della «Accademia di archeologia, lettere e belle arti». Mario Alamaro stringe il resoconto dell’Accademia mentre guarda lo strazio della cappella di Nazareth e chiede ad alta voce: «Perché nessuno ha fatto niente?». Alamaro è un dirigente dell’ufficio sottosuolo del Comune di Napoli al quale ci siamo rivolti prima di avventurarci nella scalata ai Camaldoli. Appassionato studioso della storia della città, profondo conoscitore (per mestiere e per passione) delle cavità di Napoli, Alamaro ha partecipato al sopralluogo. Ha immediatamente chiesto l’intervento dell’Ufficio Fognature per verificare la situazione dello scarico a cielo aperto che ha causato le frane intorno alla cappella. Ha anche cercato di mettere in moto la macchina del «soccorso» a quel luogo storico. L’ultimo sopralluogo ufficiale alla cappella di Nazareth risale al 2004 quando i carabinieri del nucleo «tutela patrimonio culturale», verificarono la situazione di degrado.