La cappella-tesoro del V secolo devastata dalla fogna abusiva
L’aggettivo per descrivere certe sensazioni non è stato ancora inventato: qual è la parola migliore per spiegare l’emozione di riscoprire affreschi del 1200 unita allo schifo per il fatto che quelle meraviglie sono immerse in tre metri di melma putrida di fronte a una fogna a cielo aperto? Collina dei Camaldoli, lato che affaccia su Pianura, esattamente sotto al villaggio Nazareth che è un mondo a parte rispetto alla città. Scendendo (anche scivolando) lungo i viottoli scoscesi, inoltrandosi in mezzo a rovi che scavano nella carne anche attraverso i jeans, scalando colline di terra franosa ed erba alta si conquista l’accesso al monastero fondato cinquecento anni dopo la nascita di Cristo. Inoltrandosi attraverso le stanze antiche, dribblando i pavimenti crollati, superando la vegetazione che ha invaso ogni cosa si arriva al punto di non ritorno: la terra è franata e c’è un dirupo di venti metri, l’unica via d’uscita è «abbracciare» una colonna, cercare a tentoni con i piedi un punto d’appoggio dal lato opposto e lanciarsi (letteralmente) dentro l’ambiente successivo. Lo sforzo, però, è pienamente ripagato. Per un paio di minuti, gli occhi abituati alla luce esterna percepiscono solo il buio. Poi dal buio lentamente appaiono gli antichi affreschi: benvenuti nella chiesa di San Giovanni Battista ai Camaldoli, l’antica cappella di Nazareth, fondata nel 445 dopo Cristo da San Gaudioso che fuggiva dall’Africa perseguitato da Genserico, re dei Vandali. Mai scelta fu più azzeccata. I Vandali di Genserico non riuscirono mai ad arrivare in questo luogo impervio e sperduto. I vandali di oggi, invece, sono decisamente più organizzati; quel luogo viene lentamente e sistematicamente distrutto. E lo scempio avviene nel modo più umiliante: per mezzo di una fogna abusiva a cielo aperto che erode le mura e corrode gli affreschi. È un fango putrido che ne ha invaso l’interno riempiendolo fino a un’altezza di almeno tre metri rispetto a quella originaria. Così, dopo che gli occhi hanno fraternizzato con il buio e la cappella si mostra nella sua interezza, il visitatore scopre di essere entrato attraverso una finestra ad arco che si trovava sopra al portone d’ingresso, e di avere i piedi poggiati su un cumulo di terra franata e liquami. Non esiste più la stradina che conduceva alla cappella, non esiste più il portone d’accesso, e stavolta non si tratta di una metafora, le parole raccontano esattamente la situazione così com’è: davanti alla chiesa non c’è altro che un precipizio. Ogni cosa è franata giù, trascinata dal torrente di acqua di fogna che quando piove diventa impetuoso, inarrestabile. Invade, strappa, trascina via e non risparmia nemmeno i gioielli dell’arte e dell’architettura. La situazione peggiora di giorno in giorno. Nelle due foto qui a destra vedete uno scatto del 1989 pubblicato in una ricerca dello studioso Fabio Maniscalco, confrontato a una immagine scattata ieri mattina: il Cristo in croce affrescato nel quindicesimo secolo è praticamente scomparso. L’umidità e il degrado lo hanno inesorabilmente cancellato dalle pareti scavate direttamente nel tufo dei Camaldoli. Ai lati del Crocifisso i due affreschi contemporanei, un Battesimo di Cristo e i due santi Brunone e Romualdo, hanno subito una sorte addirittura peggiore. L’umidità ha intaccato lo stucco sul quale erano dipinti, brandelli di quelle antiche opere d’arte sono sparsi ovunque. Scoprire quel disastro e avere un tuffo al cuore è immediato. Quasi del tutto cancellate anche le opere del 1200 realizzate dall’artista napoletano Marco Marte, poco noto (ingiustamente) precursore di Giotto e Cimabue: aveva dipinto scene della vita di Cristo alle spalle dell’altare, in una zona dove il fango s’è accanito con particolare violenza. Non c’è quasi più nulla, per osservare quel che resta bisogna scivolare lungo la collinetta di melma, e arrivare col naso vicino al muro. Il volto di Gesù si intravede appena. Sarà visibile ancora per poco. L’impresa fallita dai Vandali di Genserico è riuscita ai nuovi vandali del 2000.