Addio monastero degradi e crolli a Santa Chiara
Parapetti crollati, pavimenti rimossi, soffitti in bilico: il monastero di Santa Chiara, praticamente non esiste più. Divorato dalla mancanza di fondi e dall’abbandono si sta accasciando giorno dopo giorno tra l’indifferenza generale. Dabbasso, nel chiostro ricco di fascino e storia, i turisti sciamano estasiati; nell’ala dove sono i francescani e in quella degli uffici della curia c’è profumo di pulito, e i muri sono dipinti di fresco; anche la chiesa è un gioiello. Solo un’ala della struttura è in degrado e abbandono, ed è proprio quella dove risiedevano le clarisse. È esattamente il «monastero di Santa Chiara» che ha ispirato la celebre canzone e che adesso ispira rabbia e repulsione. La porta che conduce direttamente dentro alla desolazione, l’apre con un sorriso amaro frate Agostino, al secolo Antonio Esposito. Premette che dopo aver visto le meraviglie del chiostro sarà doloroso affrontare quello spettacolo, poi scosta l’uscio e fa strada: «L’edificio appartiene al Ministero dell’Interno, al Fondo edifici di culto, ma un decreto regio datato 1923 impone ai frati di badare alla gestione ordinaria e straordinaria del complesso di Santa Chiara - Frate Agostino allarga il braccio per mostrare la devastazione del monastero delle clarisse - come facciamo noi francescani a rimettere a posto tutto questo?». Fa strada verso la cella della madre badessa, Frate Agostino, e mostra il bel soffitto a cassonetti che sta letteralmente venendo giù. Ma quello spettacolo, probabilmente, è il meno desolante. Non c’è nulla di sano, nulla che abbia resistito a quel tornado di incuria, devastazione e lavori lasciati a metà, che ha aggredito la struttura fondata nel 1300. In alto, sopra la stanza della badessa, troneggia irridente un cartello di lavori in corso che è a sua volta un pezzo di storia: «Cassa per il Mezzogiorno, lavori di restauro del solaio di copertura dell’ala sovrastante il monumentale refettorio settecentesco di Santa Chiara». Quello, probabilmente, è stato l’ultimo intervento di ristrutturazione. I successivi sono stati solo di «recupero»: sul pavimento del refettorio, infatti, sono sistemati in bell’ordine i pezzi spaccati delle balaustre di piperno crollate: sono finemente lavorati e ricoperti di un consistente strato di guano, perché lì dentro ormai vivono solo i piccioni. Avventurarsi oltre il refettorio richiede un pizzico di coraggio e spirito d’avventura. Le scale sono a un passo dal crollo e tremano visibilmente ad ogni passo: visibilmente non è un modo di dire, significa proprio che sobbalzano e si muovono su e giù a vista d’occhio. Le balaustre che dovevano proteggere i finestroni sono quelle esposte nel refettorio, quindi non sono al loro posto ed ogni apertura promette un salto nel vuoto a chi si distrae. Ogni camera nasconde un odioso segreto: da un lato pezzi igienici dei bagni, spaccati e lasciati in mezzo alla stanza, dall’altro un cumulo di detriti accatastato sotto una antica nicchia; in un vano montagne di pezzi di legno istoriati presi chissà da dove, in un altro brandelli di soffitto che penzolano sopra la testa. In mezzo a questo caos dov’è il monastero di Santa Chiara? Semplicemente non c’è più. Non esiste. «Invece noi confidiamo nella provvidenza e siamo fiduciosi - sorride frate Agostino - non ci interessano le polemiche. Non badiamo ai motivi per i quali questo luogo si è ridotto in questo stato. Piuttosto lanciamo un appello. Chiunque abbia a cuore questo posto può farsi avanti e darci una mano. Naturalmente pensiamo anche e soprattutto ai privati che hanno voglia di investire». Davanti al frate che mostra il disastro ci sono i vigili del Nucleo Beni Culturali. Si erano presentati al monastero per verificare che recenti lavori di ristrutturazione fossero in regola, si sono trovati al cospetto di quella devastazione: gli agenti Massimo De Luca e Felice Setola, al comando del tenente Filomena Vicario, hanno osservato il dramma, scattato foto e preso appunti. Non rientra nei compiti di un vigile raccogliere l’appello di un frate, ma tutti e tre hanno ascoltato con interesse e passione; e hanno promesso che contribuiranno a lanciare l’allarme. Come vigili non possono fare molto, come cittadini possono indignarsi e diffondere la notizia: il monastero di Santa Chiara sta scomparendo, bisogna fare in fretta.