Cultura, no ai tagli: "Chiederemo fondi all'estero"
«Chiederò sostegno ai governi di tutta Europa per non far morire l’Istituto, già stiamo vendendo i beni immobili per andare avanti». L’avvocato Gerardo Marotta - anima dell’Istituto degli studi filosofici - si lancia nella mischia della manifestazione organizzata al Maschio Angioino per dire no ai tagli alla cultura decretati dal ministro Giulio Tremonti. Per il ministro, che deve far quadrare i conti del Paese alla luce della la crisi economica, questi non sono altri che «sacrifici» alla stregua di quelli che faranno tutti gli italiani. Per Marotta i tagli fanno invece rima con la morte dell’Istituto. Decine gli studiosi e i docenti - come Luigi Mascilli Migliorini, Francesco Barbagallo, Guido D’Agostino solo per citarne alcuni - si sono riuniti al Maschio Angioino ai quali si è aggiunto anche il sindaco Rosa Russo Iervolino per dire alta al taglio. Ma come stanno veramente le cose? Il dibattito è sentito. È Marotta a lanciare un altro grido di dolore alla platea accaldata ma molto attenta: «Non è una lotta, si tratta di una riduzione del 50% su ciò che l’Istituto riceve - racconta l’avvocato - Non riceviamo fondi dall’inizio di quest’anno». Ma c’è di più: «Il 31 dicembre del 2009 è scaduto un emendamento contenuto nella Finanziaria del 2005 sul finanziamento agli istituti di cultura e non è stato prorogato». Di qui l’appello al capo dello Stato Giorgio Napolitano che sulla materia dei tagli alla cultura si è già abbondantemente espresso: «Parlerò con il presidente della Repubblica - dice Marotta - lui deve aiutarci a ottenere una proroga dell’emendamento». L’Istituto, fa sapere ancora Marotta, è «senza una lira. Stiamo vendendo i beni privati della famiglia». Al ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, dice: «Venga a trovarci, così si farà un’idea delle nostre attività. Il Governo ignora la forza che ha questo Istituto». Marotta cita Benedetto Croce e il libro «Storia del Regno di Napoli». «Croce ha scritto che il re decapitò la classe accademica: scienziati, filosofi, poeti, tutti uccisi e gettati nelle fosse di Favignana. Il re fece sparire l’intelligenza viva della città. Oggi le istituzioni culturali e di ricerca di Napoli vengono abolite e il Sud resta solo una espressione geografica dell’Europa, una portaerei per la potenza che prenderà il sopravvento». Il sindaco ascolta tutti e poi trae le conclusioni. «La cultura è presidio di legalità tagliare i fondi è dunque togliere linfa vitale alla città. Se vogliamo progredire non si può non cominciare dalla cultura». Il sindaco entra nel merito. Per la Iervolino bisogna «distinguere tra cultura e ciò che non lo è, ciò che è autoreferenziale da ciò che invece serve». La Iervolino è ancora più chiara: «Sono d’accordissimo sulla necessità di risparmiare, ma non si può considerare l’alta cultura un optional di cui si può fare a meno». Il sindaco insiste: «Se prendiamo la lista degli enti a cui tagliare i fondi ce ne sono alcuni che per esempio sono dedicati alla salvaguardia di qualche pesce. Non credo che ci sia bisogno di un ente in difesa di ciò che si autoqualifica cultura, ma fare uno sforzo per vedere ciò che veramente è cultura. Nell’elenco sono presenti cose che fanno ridere. L’errore è stato far compilare al Tesoro la lista, ma quel ministero non sa di che si tratta».