Spunta un soppalco nell’antica cappella dei marinai dell’800
Le due statue di legno che vedete nella foto grande di questa pagina, appoggiate sulla sinistra dell’altare, rappresentano Sant’Agata e Santa Teresa, probabilmente sono settecentesche. Non sono considerate opere di grande valore ma rappresentano un pezzo della storia della fede dei napoletani: erano collegate alla prua di due vascelli usciti miracolosamente indenni da una tempesta. Vennero staccate e offerte alla Madonna come ringraziamento per lo scampato pericolo. Non tentate di andarle a vedere perché sono prigioniere in una chiesa che non è aperta al pubblico. Via Flavio Gioia, due colonne di marmo incastonate in una facciata dipinta di fresco in color crema costringono a voltare lo sguardo verso la chiesa di Santa Maria del Rimedio. Un tempo quella chiesa si trovava sul «molo grande» del porto, poi venne spostata a più riprese. Nel 1848 venne distrutta per metà e ampliata alle spalle, per lasciare spazio alle attività portuali che avanzavano. Alla fine dell’800 venne completamente abbattuta per fare spazio all’attuale via Marina, e ricostruita nel luogo dove si trova attualmente. Ad ogni ricostruzione, quadri e arredi sacri vennero trasferiti e ricollocati sui cinque altari in marmo: il gruppo scultoreo della Madonna affiancata da due San Francesco, d’Assisi e di Paola; la Vergine di Boulogne, riproduzione di una stampa francese con la Madonna in piedi su una barca nel mare in tempesta; la Madonna del Rimedio, che aveva dato il nome alla chiesa ed era circondata dall’aura del miracolo secondo il quale avrebbe fermato una palla di cannone che stava per colpire la chiesa. Ancora oggi quegli oggetti sono lì dentro. Solo che la chiesa non è più una chiesa. Oggi, con pieno titolo, Santa Maria del Rimedio è stata data in gestione a una società che si occupa di restauro. Naturalmente è tutto lecito e in regola. Però fa male sapere che un pezzo, importante, della storia sacra della città, non appartiene più ai napoletani né ai turisti. La chiesa è protetta da un antifurto che serve a tutelare le opere d’arte presenti e quelle in fase di restauro. È ben tenuta, anche se il lavoro che si svolge all’interno non riesce a preservarne la sacralità. Sugli altari sono appoggiati oggetti di ogni genere, e per ottenere una maggiore area di lavoro, è stato anche realizzato un soppalco. I tubi innocenti che lo sostengono, rendono squallida l’area della chiesa sottostante. Il legno che fa da pavimento al «piano superiore» nasconde la volta della chiesa e anche l’antica scultura della Madonna, accanto alla quale è accatastato materiale di vario genere, dalle sedie agli scatoloni di legno. Una battaglia per la restituzione alla città della chiesa della Madonna del Rimedio viene condotta, con passione, dall’associazione «Centro studi Iniziative Sociali», presieduta dal cavalier Giacomo Onorato che lotta per il recupero dei beni e delle tradizioni storiche. Di recente protagonista di una battaglia per la restituzione del corpo di San Giacomo alla città di Napoli, Onorato ha aperto un altro fronte per la riapertura al pubblico della chiesa dei marinai: «Non è possibile chiudere quella meraviglia dietro a un portone blindato e vietato a tutti». La chiusura al culto della chiesa di Santa Maria del Rimedio non l’avrebbero consentita, certamente, nemmeno i marinai della Napoli ottocentesca. Erano devoti a quel luogo e alla rappresentazione della Vergine che esso custodiva: le chiedevano protezione prima di imbarcarsi, andavano a ringraziarla quando tornavano. Furono grati a Ferdinando II che la fece riedificare dopo il primo abbattimento, seguirono di persona i lavori dopo il secondo spostamento alla fine dell’800. Oggi i marinai non cercano più quella chiesa e quel quadro, ma se vedessero l’immagine della Madonna che sta in piedi su una barchetta nel mare in tempesta si commuoverebbero. Però non possono vederla. È prigioniera in una chiesa blindata dove c’è un soppalco.