Stop ai fondi, la scura cade anche sull'Acquario
La scure del governo si abbatte anche sulla storica Stazione zoologica «Anthon Dohrn». Il decreto anticrisi prevede la soppressione dell’ente fondato nel 1872 dallo scienziato tedesco. L’Acquario non chiuderà e sarà il ministero dell’Università e della Ricerca scientifica a subentrare nell’amministrazione. Ma il rischio di un ridimensionamento dell’istituto esiste. Tra gli enti il decreto prevede anche la soppressione della Stazione sperimentale delle pelli e materie concianti. Con sede in via Nuova Poggioreale, la Stazione fu fondata nel 1885 e negli anni ha sviluppato compiti di ricerca e assistenza al settore conciario. La sua gestione sarà affidata alla Camera di Commercio di Napoli. La preoccupazione dei sindacati, scrivono in una nota Cgil, Cisl e Uil, è che «non tutti i dipendenti degli enti di ricerca che potrebbero essere soppressi o accorpati per la manovra del governo potranno essere assorbiti dai ministeri o organi competenti indicati nella bozza del provvedimento, visto che la maggior parte di loro sono precari». Dalla soppressione ai tagli, eccoci a un altro capitolo del decreto anti-crisi. La cura Tremonti toglie fondi al Cira, all’Istituto italiano per gli studi filosofici, al museo geopantologico di Pietraroja e al parco marino di Vivara. E fino all’altro giorno si pensava che l’elenco si esaurisse qui. E invece a spulciare il decreto saltano all’occhio altri enti finiti nel mirino del ministro. La scure colpisce anche la Società nazionale di scienze e lettere ed arti di Napoli (la sede è in via Mezzocannone) l’inizio della cui storia risale addirittura al 1698. I tagli non risparmiano due storiche fondazioni napoletane. La prima è la Biblioteca Benedetto Croce, fondata nel 1955 dagli eredi del filosofo per conservare e tramandare il suo enorme patrimonio librario. La seconda fondazione è la Napolinovantanove, nata nel 1984 su iniziativa di Maurizio e Mirella Barracco per promuovere e valorizzare il patrimonio culturale di Napoli. Tagli anche per il Centro di cultura di storia di Amalfi, istituito nel 1975 per valorizzare la prima Repubblica marinara d’Italia, e per il Centro universitario europeo per i Beni culturali di Ravello. Sotto la ghigliottina di Tremonti anche il Centro internazionale per lo studio dei papiri ercolanesi intitolato a Marcello Gigante e fondato nel 1969. E per finire, il decreto taglia i fondi pure all’Istituto studi storici, fondato da Benedetto Croce nel 1946, con sede a Palazzo Filomarino. Poco più di un anno fa l’Istituto fu visitato dal capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il Pd critica la manovra, a partire dalle soppressioni e dai tagli. «È una scelta gravissima perchè conferma la volontà del governo di di voler seppellire la cultura e la ricerca», sostengono i senatori Teresa Armato, Anna Maria Carloni, Alfonso Andria, Vincenzo De Luca e Maria Fortuna Incostante che invitano Tremonti «a leggersi la storia di certe istituzioni prima di cancellarle con un colpo di spugna». Il capogruppo del Pd Peppe Russo chiede a Caldoro un incontro per discutere della manovra. «È irricevibile - tuona - a partire dai tagli ai Comuni e ai centri di eccellenza». Il consigliere regionale Antonio Marciano sollecita un consiglio regionale sulle ricadute che la manovra avrà sulla Campania e il presidente del Forum Mezzogiorno Umberto Ranieri auspica che il governo «riconsideri la decisione» perché «non è accettabile che la manovra colpisca in modo indiscriminato e comprometta la vita di attività di eccellenza operanti a Napoli». Critica l’Italia dei Valori. «Le ricadute della manovra sono disastrose - accusa il segretario regionale Nello Formisano -. Vengono previsti nuovi balzelli che colpiscono tutte le fasce sociali e, a prescindere dal reddito, creeranno ulteriori danni alle tasche i cittadini». Mobilitati i sindacati. O, meglio, la Cgil che definisce «iniqua, inefficace e recessiva» la manovra e annuncia che entro fine giugno sarà proclamato uno sciopero generale.