Marotta: "Una mazzata, parlerĂ² con Napolitano"
Trentacinque anni giusto ieri. Non poteva esserci modo peggiore per festeggiare l’anniversario della fondazione dell’Istituto degli studi filosofici: essere nell’elenco, redatto dal ministero dell’Economia, delle 72 fondazioni che non riceveranno più un euro di contributi statali. L’aria è mesta al piano nobile di palazzo Serra di Cassano. O almeno lo è finché non arriva l’avvocato Gerardo Marotta. Il fondatore e anima dell’Istituto sale velocemente lo scalone. Ha 83 anni e non ha perso la voglia di combattere. Nemmeno stavolta. «Oggi ho chiesto udienza al Quirinale per avere un colloquio con il presidente Napolitano. Lo sentirò più tardi, solo lui può aiutarci», dice prima di fare una smorfia e dire sottovoce ma abbastanza per farsi sentire: «È una mazzata». Poi aggiunge: «Chiuderci, sopprimerci vorrebbe dire recidere i legami che questa città ha con tutto il mondo grazie a questo istituto. Dalla Cina alla Russia, dall’Iran al Giappone. Assurdo, Napoli diventerebbe improvvisamente più povera». Poi cerca di cambiare discorso, non pensarci e va ad accogliere il professor emerito del Collège de France, Marc Fumaroli venuto a Napoli per una lezione sulle accademie europee in occasione dell’anniversario. Cerca di non pensare ai tagli Marotta e con il seggio numero 6 dell’Académie française discute delle pubblicazioni da mettere in campo. Come per esorcizzare. Ma è Fumaroli a intervenire. «Inutìle, ma come inutìle», si domanda retoricamente il cattedratico francese. E aggiunge: «Ho appreso solo ora di questa notizia. Trovo inconcepibile e senza fondamento una scelta del genere. Inconcepibile definire inutile l’istituto con freddo linguaggio burocratico. Ma che Paese è questo?». Occorre una mobilitazione, a questo punto. E ben prima che inizino i lavori, la lancia Biagio De Giovanni che definisce i tagli all’istituto di Monte di Dio «uno scempio. E per questo occorre mobilitarsi subito. Tutta la città, tutta la società civile deve farlo». Già. Ma nel giorno dell’anniversario della fondazione, nel giorno degli annunciati tagli, non è salito nessuno, a parte studenti e docenti interessati alla conferenza, a via Monte di Dio. Nè un parlamentare d’opposizione, né un consigliere comunale o un maître à penser qualsiasi. Neppure chi beneficiò della decisione di Marotta di riaprire il portone del palazzo verso piazza del Plebiscito, sbarrato da due secoli, per festeggiare il rinascimento napoletano. Altri tempi, altra storia. «Mi aspettavo qualcuno del Pd che portasse un po’ di solidarietà», sbotta Toni Vosa semplice iscritto appena arriva nel salone stracolmo. C’è invece Alfonso De Vivo, uno delle anime dei no global napoletani destinatario, appena sette giorni fa, di un avviso di garanzia per adunata sediziosa per aver difeso i clandestini minorenni arrivati nella stiva di una nave. E la prossima battaglia sarà questa. «Dobbiamo fare qualcosa, l’impegno civile di Marotta non può andare disperso. E se - dice - non ci sono politici è anche perché l’istituto ha sempre, giustamente, mantenuto la sua autonomia. Ma noi siamo pronti a mobilitarci». «Occorre fare qualcosa, trovare subito una soluzione perché l’istituto si ritroverebbe in una situazione preoccupante», spiega la soprintendente del Polo museale Lorenza Mochi Onori prima di accomodarsi. Introduce De Giovanni e, come promesso, lancia ufficialmente la mobilitazione. «Oggi è una data importante - è la premessa - perché in questi 35 anni attraverso il lavoro di Marotta, siamo diventati un punto di riferimento importante per le scienze umane in tutta Europa. Da ora deve partire una mobilitazione, Napoli ha bisogno di quest’istituto altrimenti saremmo persi. Ed occorre muoversi». «Lo spirito accademico in Europa è stato nutrito per decenni da Marotta e dal suo istituto. E ridimensionare questo lavoro sarebbe gravissimo», è l’incipit, invece, della prolusione di Fumaroli che confermerà pure nelle conclusioni. La mobilitazione da Napoli ma anche dall’Accademia di Francia è già partita. Occorrerà farlo sapere, lanciare appelli «perché senza sostegni - dice sconsolato Marotta - qui crollerebbe tutto». Sgrana gli occhi il regista Mario Martone. Non sa dei tagli, l’apprende mentre sta passeggiando ignaro proprio sotto palazzo Serra di Cassano. «È una pazzia, è impensabile», dice il regista. E giura: «Aderirò alla mobilitazione, è il minimo. Perché l’Istituto è un bene inestimabile non solo per Napoli ma per il Paese».