Santo Sepolcro di Gerusalemme

Solo abusi e furti nel ritiro sacro del beato Carafa

8 maggio 2010 - Paolo Barbuto
Fonte: Il Mattino

Santo Sepolcro di Gerusalemme Corso Vittorio Emanuele, Caos del primo mattino, clacson che strombazzano, frotte di ragazzi che si avviano a studiare. Dieci passi prima dell’ingresso del Suor Orsola c’è una piazzetta piccola e letteralmente ricoperta dalle automobili: alle spalle delle lamiere multicolori, gestite con piglio manageriale dai parcheggiatori abusivi, si staglia, imponente e malridotta, la facciata della chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Un giovanotto alla guida di un gruppo di sole ragazze si volta incuriosito: «Mamma mia, ragà, guardate quanto è bella. Ci passiamo tutti i giorni e non ce ne eravamo accorti». Niente paura, giovanotto. Nemmeno Napoli si è accorta di quel gioiello incastonato nel cuore della città, abbandonato almeno da trent’anni, ridotto a una discarica e pieno di crepe, ma incapace di crollare perché è incastrato dentro al tufo che lo tiene in piedi quasi «a dispetto». Soffre ma non viene giù, fortunatamente, quel pezzo di storia della città. Piazzetta San Sepolcro: l’ultima ventata di orribile notorietà risale al 2006 quando davanti al sacro portone della chiese venne violentata una donna. Santo Sepolcro di Gerusalemme L’ultimo tentativo di ripristino di legalità, invece, è recente, risale ai primi mesi di quest’anno: restyling dell’area per ridare spazio ai pedoni e provare ad allontanare i parcheggiatori abusivi. Missione fallita, purtroppo, perché le auto affidate agli abusivi sono sempre lì, e per i pedoni lo spazio non c’è. resiste solo il bel marciapiede con le panchine che guardano il traffico del Corso. Troppo poco per considerare «bonificata» quell’area. Il cancello della chiesa è aperto; incastrato, ma aperto. Così basta tirarlo per arrivare davanti al bellissimo portone ottocentesco intarsiato a rappresentare una gigantesca croce, e un’altrettanto immensa ostia. Dietro al portone si apre un inimmaginabile scenario di scempio. All’ingresso ci sono una bicicletta distrutta e abbandonata, pezzi di motore d’auto, residui di lavori edili. Al centro della navata sono accatastate decine di banchi per i fedeli: sono stati messi lì per «lavorare» più facilmente alle pareti dalle quali sono stati estirpate le raffigurazioni sacre (nessuna di grande valore) e il crocifisso che si trovava dietro l’altare. Una leggenda metropolitana racconta che questa chiesa è stata abbandonata da poco, in seguito a uno scandalo. Secondo le persone del luogo, qui dentro venivano celebrati matrimoni anche tra persone divorziate: lo scandalo scaturito dalla scoperta avrebbe causato l’immediata chiusura della storica chiesa. Lo stato di abbandono di questa cappella è un ceffone in faccia alla storia di Napoli. Questo luogo esisteva prima della chiesa, prima della stessa fondazione della città. Questa era (ed è tutt’ora) semplicemente una grotta naturale nel tufo che regge la certosa di San Martino: è qui da sempre. Era al suo posto quando, intorno al 1500 i frati alla ricerca di luoghi isolati per i ritiri spirituali, entrarono nella grotta e la trasformarono. Qui dentro, in solitudine, il venerabile Carlo Carafa trascorse mesi di isolamento e preghiera prima di «travolgere» Napoli con la sua battaglia in favore dei poveri, dei diseredati, delle donne perdute. Oggi il corpo di Carlo Carafa è venerato da centinaia di fedeli nella chiesa di S. Nicola alla Carità. Il luogo dove visse in ritiro, invece, è in rovina. A quella grotta, luogo santo, arrivava la «rampa storica» della cittadella monastica di Suor Orsola. Lì, nel cuore della collina di San Martino, fu allestita l’infermeria di San Lorenzo Maggiore. Solo nell’800 diventò chiesa, più o meno com’è adesso, dopo aver vissuto già trecento anni di storia intensa. Oggi invece la storia del Santo Sepolcro è triste. Pattume e crolli nella parte inferiore, e una strana situazione che si nota sbirciando attraverso l’apertura del timpano (il triangolo che sovrasta il portone): si notano strutture di edilizia, come se ci fossero lavori in corso. Sempre attraverso quell’apertura superiore della chiesa, si infila un groviglio di fili d’antenna che arriverà certamente a portare il segnale a un televisore. E, in un angolino del tetto della chiesa ottocentesca, è stata anche piantata una grossa parabola per ricevere i canali satellitari. Il tenente della polizia municipale Filomena Vicario, che segue da vicino le vicende dei beni architettonici della città, dopo aver dato uno sguardo alla situazione ha fatto partire una segnalazione alla sezione antiabusivismo edilizio. Davanti all’incuria e all’abbandono ci si può fermare e lamentarsi, ma se c’è il sospetto di un abuso edilizio dentro una chiesa storica, bisogna intervenire con rapidità.

Powered by PhPeace 2.6.4