Carcasse di moto e rifiuti: così muore il chiostro
un tubo d'alluminio sfregia Santa Maria di Caravaggio
Il chiostro seicentesco di Santa Maria di Caravaggio, oggi, è uno sversatoio di pattume: devastato, abbandonato, ricoperto d’immondizia, sfregiato da un immenso tubo di alluminio che ha sfondato i muri, e s’è arrampicato fino al tetto dell’antico palazzo, per portare in alto i fumi di un fast food. Il chiostro si trova esattamente nel cuore della città, a piazza Dante, proprio sotto le finestre della sede della seconda municipalità. Ed è proprio il presidente Alberto Patruno che lancia l’allarme: «Da anni, dal giorno del mio insediamento ho chiesto un intervento di bonifica. Ogni giorno vedo quello scempio e chiedo un aiuto. Per adesso solo l’assessore Giacomelli mi ha ascoltato, aiutandomi in una prima fase di pulizia, ma non basta». Nell’immediato dopoguerra fu compiuto il primo grande sfregio a quel luogo. Il chiostro venne coperto e fu trasformato in cinema. Il cinema Aurora che tutti i napoletani negli anni ’50 e ’60 hanno frequentato almeno una volta. Quando il cinema chiuse, la struttura rimase abbandonata. Con il passare degli anni il degrado prese il sopravvento. Il soffitto crollò e il chiostro riprese le sembianze originali, a cielo aperto. Ma non bastavano i crolli e il degrado, era necessaria anche la mano dell’uomo per dare il colpo di grazia a quel luogo che, sotto agli arredi del cinema, conserva ancora tracce del passato seicentesco: «Quando venne organizzato l’abbattim ento delle vele a Secondigliano - spiega il presidente della seconda municipalità - gli arredi lasciati in alcuni appartamenti, furono caricati su grossi camion e portati qui dentro, dove sono tutt’ora conservati». Ma il vero colpo di grazia al chiostro di Santa Maria di Caravaggio, lo diede l’apertura del McDonald’s di piazza Dante: per convogliare i fumi della cottura di hamburgher e patate fritte, qualcuno decise di sfondare una porzione di parete del chiostro che confinava con il ristorante, per farci passare il «camino» di alluminio. Quello sfregio è ancora al suo posto: il grosso tubo passa in quel che resta del chiostro e arriva fino al tetto del palazzo fondato, assieme alla chiesa, nel 1627. Oggi il fast food non c’è più, ha chiuso i battenti, per cui è ancora più difficile pretendere la rimozione di quell’obbrobrio. Al centro del chiostro c’era un po zzo, che venne rimosso quando avvenne la trasformazione in cinema. Il cunicolo del pozzo, però, è stato conservato sotto una botola. Alla presenza di Patruno quel luogo è stato ispezionato dagli speleologi de «La Macchina del Tempo», guidati da Luca Cuttitta. Il pozzo si infila sotto piazza Dante e sfocia in grosse cisterne che, ancora oggi, sono solide e colme di acqua, come se il tempo si fosse fermato: calando un secchio si potrebbe ancora pescare l’acqua, come facevano i monaci più di trecento anni fa. Il futuro di quel luogo abbandonato, nel cuore della città, è ancora incerto. Non esiste un progetto di rivalutazione né di restauro. Sarebbe destinato a rimanere così com’è, se non fosse per la testardaggine di Patruno che continua a scrivere per ottenere la rimozione dei rifiuti e del «camino» di Mc Donald’s: «Ma non dobbiamo fermarci alla pulizia. Questo luogo deve rinascere, va restaurato. Io auspico l’intervento di un privato con il quale discutere un progetto per rivitalizzare questo luogo storico e degradato».