Tribunali, crolla il monumento di Assunta Spina
Verso il cielo plumbeo si apre lo squarcio della volta crollata: sembra una bocca spalancata a urlare la disperazione per l’abbandono. Via Oronzio Costa, chiesa del complesso di Santa Maria ad Agnone. Ma è giusto chiamarla ancora chiesa? Forse sarebbe più appropriato parlare di resti, pietre accatastate, mura con gli affreschi cancellati dalla pioggia, dal gelo che li ghiaccia e poi dal sole che li cuoce. Il coro in legno è collassato; l’altare non c’è più: portato via chissà quando, chissà da chi. Laddove il prete diceva la messa, oggi c’è un muro sfondato. Poco più sopra doveva esserci una tela, oggi c’è il tufo nudo. Intorno a quello spazio vuoto resistono, irridenti, gli stucchi dorati rifatti nel ’700: luccicano bagnati di pioggia, tra poco (giorni, settimane) andranno ad aggiungersi al cumulo di detriti che ricopre il pavimento. La facciata incombe sulla strada. La chiesa è lì da più di millecento anni. Fondata nell’883 dopo Cristo, è stata un punto di riferimento per la gente del quartiere da sempre. Quando c’erano le Benedettine nel 1300, quando arrivarono i Padri Ospedalieri nel 1500, perfino quando il complesso retrostante fu trasformato in carcere femminile nell’800, e il luogo sacro fu vietato al culto. In quel carcere Salvatore Di Giacomo immagina che venga rinchiusa Assunta Spina che, innocente, si accusa d’omicidio per amore di Michele. Oggi la facciata è diroccata, pericolante. Un pericolo costante e opprimente sulle persone che circolano lungo la strada, soprattutto per i bimbi della scuola elementare che confina con il rudere: il muro di sinistra del palazzo che ospita l’istituto scolastico è condiviso con la chiesa. Impossibile non pensare a un coinvolgimento della scuola, nel malaugurato caso di crollo definitivo della chiesa. Davanti all’ingresso del rudere, una volta c’erano reti rosse di protezione, di quelle che si usano per delimitare i cantieri. Oggi quelle reti sono ridotte a brandelli e penzolano dietro alle vetture degli automobilisti coraggiosi che parcheggiano lì davanti, incuranti del possibile cedimento della struttura. Due portoni affiancati separano la chiesa distrutta dalla strada. Uno è dipinto d’azzurro e serrato da un grosso lucchetto, l’altro ha perduto il colore, divorato dalle intemperie, e sarebbe aperto. Sarebbe. Perché pur non avendo serratura né lucchetti, non può essere spalancato perché è bloccato, dall’interno, da un cumulo di detriti alto più di due metri. Una volta alla chiesa s’accedeva anche dai bassi che l’affiancavano, affacciati su Vico della Serpe. Oggi quei bassi sono, naturalmente, abbandonati e negli anni gli ingressi sono stati a più riprese murati e poi riaperti, e di nuovo chiusi e ancora sfondati. Oggi c’è un piccolissimo passaggio nascosto dall’immondizia. Conduce ai sotterranei della chiesa che raccontano la storia antica del luogo. Sotto cumuli di sacchetti di immondizia e un tappeto di siringhe e lacci emostatici c’è l’antica pavimentazione greca, la stessa che è comparsa alle spalle della chiesa sotto a un giardino che ebbe uno smottamento durante il terremoto. Sopra quei mattoni larghi è cresciuta la chiesa che ha avuto tantissimi interventi e che nasconde una storia antica, tutta legata al nome. Nel 1802 Lorenzo Giustiniani narra le leggende sull’origine nel suo «Dizionario grafico ragionato del Regno di Napoli»: si chiama Santa Maria ad Agnone per leggero cambiamento di «agone», perché in questo luogo nell’antichità si svolgevano le gare ginniche. Oppure ha preso quel nome per la modifica di Aglone, quello della famiglia che fondò il luogo sacro. O ancora, sostengono altri si chiama così per le modifiche subite da «anguis», serpente in latino, per la leggenda di un rettile che infestava la zona. Quel nome, oggi, significa poco per i napoletani. Se non ci saranno interventi rapidi la chiesa sparirà del tutto, crollerà definitivamente, inghiottita dal terreno sul quale è cresciuta. Il pavimento della navata centrale è retto da una rete di travi di legno che lo puntellano. Le vedete nella foto qui sopra: sono vecchie, marce. Quando una sola di esse si spezzerà, la chiesa scomparirà. Definitivamente.