Iscritto all’Orientale e militante di Legambiente In tv ad «Annozero» per la tutela di Paestum

«Pestaggio tra la folla nessuno mi ha difeso»

La rabbia di Marco: bruciano di più le ferite che ho dentro
8 marzo 2009 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

«Non mi sarei mai aspettato quello che è successo. Napoli è una città ospitale, fino a giovedì scorso nessuno mi aveva mai dimostrato di essere razzista»: Marco Beyene, 22 anni, è un bel ragazzo di ventidue anni, figlio di un professore etiope dell’università Orientale e di una salernitana. Accetta subito di raccontare la sua assurda avventura, ma esita a farsi fotografare: non gli piace mostrarsi con il volto tumefatto. Perché proprio sul suo viso bello e scuro si sono accaniti i suoi aggressori. «Giovedì notte sono uscito con un amico. Come capita spesso siamo andati in un locale dalle parti di piazza del Gesù - racconta - dopo, erano ormai le due, abbiamo fatto un giro. Arrivati in vico Carrozzieri siamo stati affrontati da due ragazzi con la testa rasata, i bomber neri, i pantaloni stretti con il cavallo basso, lo stile dei ragazzi di estrema destra. Uno di loro ha cominciato a picchiarmi senza motivo. Io cercavo di coprirmi i viso con le mani, ma quello si è sfilato la cintura e si è accanito di più. Allora è intervenuto il mio amico e ha cercato di difendermi. Quello si è imbestialito e mi ha gridato: negro di merda». E Marco si è vendicato su Facebook chiamando i suoi aggressori: «Fascisti di merda». E sono le parole, più che le botte quelle che fanno male: «Le ferite al volto mi bruciano meno di quelle che ho dentro, anche perché nessuna delle tante persone che affollavano il vicolo è intervenuta a difendermi». Subito dopo il pestaggio Marco si è rifugiato in una rosticceria: «Mi hanno dato un fazzoletto bagnato - dice - mi hanno aiutato a ripulirmi». Subito dopo il ragazzo ha cercato di sporgere denuncia, un’altra odissea. «Sono andato al commissariato di polizia che si trova in zona, ma nessuno mi ha aperto. Ho provato a chiamare una volante, inutilmente. Sono rimasto solo con il mio amico ad aspettare per un quarto d’ora in mezzo alla strada. Alla fine mi sono arreso e sono andato a farmi medicare all’ospedale Ascalesi. Mi hanno fatto entrare in una stanza e mi hanno detto che sarebbe arrivato il medico. Sono passati altri venti minuti e poi, finalmente, mi hanno curato le ferite». Il referto parla di escoriazioni e lesioni al volto guaribili in cinque giorni. Marco è iscritto all’Orientale, dove studia relazioni internazionali: un ambiente aperto, dove lo scambio tra culture diverse è all’ordine del giorno. Di più: è la ragione d’essere dei corsi, una filosofia della vita che il ragazzo ha appreso fin da bambino perché il padre ha insegnato nello stesso ateneo che lui adesso frequenta. Perciò il pestaggio dell’altra sera e gli insulti gratuiti gli appaiono inaccettabili: «Io non credo che la gente sia razzista. Sono convinto, invece, che il governo fomenti gli istinti peggiori perché preferisce che si parli di immigrati piuttosto che di crisi economica». Beyene è cittadino italiano ed è molto attivo nel volontariato. È iscritto a Legambiente ed è intervenuto anche alla trasmissione «Anno Zero» per discutere di alcuni interventi nell’area di Paestum e difendere le ragioni degli ambientalisti. Ieri è tornato a Capaccio dove vive con i genitori, ma domani sarà come sempre a Napoli per seguire le lezioni all’università. Con qualche illusione in meno, ma con la speranza ancora viva: «Vorrei che quello che mi ha coinvolto fosse il primo e l’ultimo episodio di razzismo in una città tanto bella e tollerante come Napoli, anche se da qualche mese respiro un'aria che non mi piace, un'aria di insofferenza che può essere molto pericolosa».

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