Al centro di Zabriskie point Un deserto lungo vent`anni
«No grazie, non fumo...è come se d fosse ancora ilmuseo...», dice conpudore Barbara Magistrelli, dirigente di Città della Scienza, mentre ti accompagna tra le rovine di quel che era la struttura. Il primo tour dopo il dissequestro. Atmosfera spettrale. Tra putrelle d'acciaio deformate e vetri mineralizzati dal calore altissimo. E il vento che fa suonare sinistramente le lamiere. Sono passati esattamente 4 mesi dall'incendio ma lo choc si amplifica di più oggi passeggiando tra le rovine. Dall'altra parte di quel che eranolevetrate, invece, unalinguadi sabbia. Gente che si fa il bagno e altra, che se lo può permettere, che si fa accompagnare con il gommone alla barca ormeggiata sotto Nisida. Tutto normale. Come se quella spiaggia non fosse sotto sequestro per inquinamento da idrocarburi e la balneazione vietata. Lo stesso scenario da vent'anni o giù di lì. Alle spalle invece tutta l'ex area industriale dell'Italsider. In totale 2 milioni di metri quadri, tutti o quasi da aprile sotto seque stro per inquinamento dei suoli. Un immenso Zabriskie point archeologico-industriale: ma al posto dell'esplosione di Antonioni le fiamme di Città della Scienza. Un deserto spaventoso a vederlo dall'alto. Dovunque lo guardi: se dal carcere di Nisida o da via Coroglio. O dagli uffici di Idis-Città della Scienza. Al centro si erge il vecchio altofomo dell'acciaieria che con il sole luccica di un rosso pompeiano. Ma è la ruggine. A nord la vecchia officina dei vagoni delle ferrovie, a est le strutture della Cementir o della fabbrica di amianto. Tutto abbandonato e cristallizzato a due decenni fa. Eccolo il deserto, comunque affascinan te, che si estende a perdita d'occhio. E doveva diventare il gioiello di Ñapo li. Il polo turistico e di sviluppo dove va essere. Era il '93. Poi dieci anni dopo ecco i 75 milioni per la bonifica del governo Berlusconi. In mezzo le sollecitazioni del presidente Ciampi che aveva scommesso per primo, da non napoletano, sulla città. Doveva durare al massimo 30 mesi la bonifica. Macché. Ed ecco una sorta di deserto post-atomico (sotto sequestro per giunta) dove non si incrocia nemmeno un cane randagio. Promesse mancate e futuro rimasto sulla carta. Come le due strutture ai margini di questo cratere. Via Cattolica, ecco il parco dello sport. Campi di tennis, pallavolo, basket, atletica leggera, pattinaggio, tiro con l'arco. E lo specchio d'acqua per il modellismo nautico. E la pista per roller biade. E lo skate park. Sulla carta un modello scandinavo costato 37 milioni (dovevano essere 24 nei progetti) mentre a Napoli diventa un parco, mai aperto, sotto sequestro e presidiato h24 da una guardia giurata rintanata nell'aria condizionata del container. Dall'altro lato, invece, la Porta del Parco che di tagli del nastro ne ha visti 3 o 4, tra vecchia e attuale amministrazione. Si è perso il conto. Un auditorium usato 2 o 3 volte e, sotto, un gioiellino ad ammuffire: una beauty farm con salette e suite varie. Non si è badato a spese e quindi lettini multifunzionali, tatami, docce varie, vasche per l'idromassaggio individuale o in coppia, vasche per il Watsu e vasche Floating: sono lì a prendere polvere. E si ritorna al Museo di Città della Scienza, l'unico progetto partito, l'unico sogno realizzato ma anche l'unico andato in fumo in una notte di marzo. Una beffa del destino. Una maledizione. E ci giri oggi in questa spoon river. Partendo dalla biglietteria dove le lingue di fuoco hanno risparmiato un mazzo di ticket e una cassaforte. Aperta tre giorni fa, c'erano 600 euro ancora buoni. Come il planetario che si ergeva al centro come una moderna cupola di San Pietro. L'orgoglio di questo science centre: entravi e le luci proiettate all'interno della cupola riproducevano fedelmente le costellazioni. Entri oggi e, per miracolo, le fiamme sembrano essere state clementi. Chissà se funziona ancora la macchina, un gioiellino da un quarto di milione di euro. L'unica cosa risparmiata assieme alle teche con i volatili impagliati. Lugubre oggi damettertìibrividi addosso: con un gufo reale che sembra fissarti con l'unico occhio sbilenco. Dall'altra parte i dipendenti lavorano con l'orgoglio di chi ha fatto nascere questa struttura. Nonostante siano in cig e debbano incassare ancora 8 stipendi arretrati. «Ma tiriamo le maniche e lavoriamo con quel che c'è», dice Alfonso Fraja. Ed ecco un paio di mostre sui vulcani che hanno prestato l'istituto di Vulcanologia e il Sissa di Trieste. Si entra con due euro invece che 7. «Stiamo dandoci da fare in spazi prowisori, non ci fermiamo», spiega Vittorio Silvestrini. Poi il presidente di Città della Scienza pensa al futuro. Quindi riecco Futuroremoto a novembre, in una tensostruttura. E soprattutto la ricostruzione. «La scommessa è inaugurare - ragiona Silvestrini - entro marzo 2015: servono 30 milioni ma ve ne sono già 20. Altri 10 li recuperiamo con un mutuo fondiario che accenderemo con la Banca europea degli investimenti. Solouna cosa mi spaventa». Cosa?«Nonl'immane lavoro o i finanziamenti ma la burocrazia».