Tutti dicono Scampia, ma aspettate e vedrete cosa accadrà al Vomero

In atto una mutazione genetico-criminale contro la quale nessuno, almeno fino ad oggi, fa niente
26 settembre 2012 - Geo Nocchetti
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

Un anno fa, circa, il presidente della municipa| lita del Vomero, Mario Coppeto, definì il suo 1 quartiere «una lavanderia» e ad agosto scor- so ha varcato il portone della procura di Napoli per dire la sua ai magistrati. Durante la sua fuga sanguinaria, l`assassino condannato in primo grado all`ergastolo, Peppe Setola, trascorse parte della sua latitanza al Vomero, come racconta un suo ex sodale, oggi pentito, Nicola Cangiano. Per le strade del quartiere, poi, non è difficile incontrare l`attuale, sia pur presunto, capo del clan ritenuto egemone dagli inquirenti, Luigi Cimmino, che va in giro a controllare i suoi «investimenti». Al Vomero chiudono locali storici, da ultimo la libreria Guida, e aprono a ritmo forsennato bar, paninerie, locali di intrattenimento, negozi di abbigliamento. Chiudono le botteghe artigiane e aprono pub. Tra i «vecchi» abitanti e commercianti della zona i sussurri, naturalmente, restano tali. Nessuno, apertamente, denuncia, salvo il presidente della Municipalità che quel «rè nudo», ovvero la camorra, lo vede come gli altri, ma non sta zitto. Rispetto a quello che sta accadendo a Scampia ciò che accade al Vomero, nel silenzio pressoché di tutti, è infinitamente più grave e sarà devastante. A Scampia, dove i fermenti sociali e civili sono da sempre un antidoto alla camorra, la vicenda malavitosa riguarda alcune centinaia di brutali giovanotti dal grilletto facile e dalla mente debole. Al Vomero quei fermenti sociali non esistono, la popolazione media è anestetizzata dalla schizofrenia informativa e talvolta repressiva e trova facile rifugiarsi negli stereotipi: la camorra? A Scampia, a Forcella, a Casal di Principe. Esperti, non soltanto magistrati, si affannano a spiegare che, ad esempio per i Casalesi, dopo aver sconfitto l`ala bellica, messo in galera capi e gregari, la frontiera di combattimento che rimane è quella economica. Al Vomero capi e capetti sono liberi, non esiste una vera e propria ala bellica, ma in compenso i clan della città salgono in collina a fare shopping. O scendono dall`hinterland del nord; quella lavanderia, appunto, di cui parla Coppeto. Al Vomero non si spara: il camorrista dei Quartieri Spagnoli convive e fa affari con quello di Marano, di Fuorigrotta e via discorrendo. Non seminano morti, ma come nei film della serie di Batman si impossessano della «città». Grazie, va detto, a quegli specchiati proprietari di case o negozi che sfrattano i commercianti per bene, ma poco danarosi, e si mettono in casa dei fetenti, ma danarosi. Queste vecchine dal capo canuto, queste sfaccendate biondastre cui un padre o un marito troppo generoso ha lasciato uno o più immobili utilizzano i propri immobili come un bancomat al quale attingere soltanto. Loro e i professionisti che hanno «investito» negli anni della cuccagna pre Tangentopoli non sono certo migliori dei personaggi che fittano a prezzi stellari le loro case o i loro negozi. O che, da qualche tempo, li comprano anche. Altro che Scampia, altro che Casalesi: al Vomero si sta realizzando quella mutazione genetico-criminale contro la quale, a parole, tutti si scagliano, ma per scongiurare la quale nessuno, almeno finora, fa niente. Salvo poi dire che la pax mafiosa è più pericolosa della guerra. Sciascia li definì i professionisti dell`Antimafia, per noi sono solo i gazzettieri dell`anticamorra dei luoghi comuni.

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