LA RICERCA/L'ALLARME

Monnezza letale?

L'Istituto Pascale denuncia il significativo incremento dei tumori nelle province di Napoli e Caserta, dove i numeri di cancro a colon retto, polmoni e mammella sono cresciuti in maniera drammatica. E fra le cause del fenomeno potrebbe esserci la crisi dei rifiuti in Campania
17 febbraio 2012 - Giorgio Velardi
Fonte: Il Punto

Il Sud supera il Nord. Peccato che stavolta il primato non riguardi l'economia o il benessere sociale. ma il numero di decessi causati dai tumori. Infatti. se negli anni '80 le morti dovute al cancro erano più diffuse nel settentrione, due decenni dopo la tendenza è cambiata. A leggere i dati resi noti dall'Istituto Pascale — il maggiore Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico oncologico del Mezzogiorno — le province di Napoli e Caserta risultano te più colpite. E fra le cause di questa emergenza non è da escludere la crisi dei rifiuti che colpisce la regione Campania dal 1994.
I NUMERI Condotta dall'equipe composta dal direttore scientifico dell'Istituto Aldo Vecchione, dal Direttore della struttura di epidemiologia e prevenzione Maurizio Montella e dalla Dottoressa Anna Crispo, la ricerca ha reso noti risultati allarmanti. Dallo studio, partito dal triennio 1988/90 e terminato con il periodo 2003/2008, è emerso come negli ultimi due decenni nella provincia di Napoli la percentuale di neoplasie sia aumentata dcl 47 per cento negli uomini e del 40 nelle donne, mentre in quella di Caserta l'incremento è stato del 28,4 per cento negli uomini e del 32,7 per cento nelle donne. Se alla tine degli anni '80 del secolo scorso il tasso standardizzato di tumori in provincia di Napoli era 235.1 per gli uomini e 136.2 perle donne (ogni centomila abitanti), oggi lo stesso è schizzato rispettivamente a 328.0 e 191.1: nell'altra provincia, invece, si è passati da 225.7 e 116.7 a 289.8 e 154.9. Mentre nel resto del Paese i tassi rimangono sostanzialmente stabili.
CASI ECLATANTI In grave crescita ci sono i casi di tumore al colon retto, ai polmoni e alla mammella. Nel primo caso l'aumento è stato rilevante: nella provincia di Napoli si è passati da un tasso di 17.1 nel triennio 1988/90 ad un meno incoraggiante 31.3 per gli uomini (2003/08). mentre per le donne la crescita è stata di quasi sette punti (16.3 contro 230). A Caserta il tasso è passato da 19.3 a 30.9 per gli uomini e da 16.4 a 23.8 per le donne. In Italia, nello stesso periodo di riferimento, i tassi sono rimasti praticamente invariati (passando da 33.0 a 35.0).
Per quel che riguarda il cancro ai polmoni, il riscontro è ancora peggiore: nelle donne della provincia di Napoli si registra un incremento superiore al 100 per cento (da 9.2 a 19.3). mentre a Caserta si sfiora il 70 per cento (da 7.9 a 13.3. In Italia l'aumento è stato del 41 per cento). Infine c'e il tumore alla mammella: nella provincia di Napoli il tasso nell'ultimo pc-riodo analizzato è pari 31.3. mentre nell'88/90 era 21.4. A Caserta si è invece passati da I8.3 a 25.9. Nella relazione stilata dai medici che hanno condotto la ricerca si legge poi: «Va evidenziato. inoltre, che le tre restanti province hanno un totale di abitanti nettamente inferiore (Salerno. Avellino e Benevento rappresentano il 35 per cento della popolazione e della regione) rispetto alle province di Napoli e Caserta. Pertanto l'eccesso di mortalità riscontrato si configura come un problema. sociale e ambientale, oltre che sanitario, di vasta dimensione e di notevole gravità, che richiederebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni».
«IGNORATI DA TUTTI» «Molti tumori dipendono da comportamenti individuali, come lo stile alimentare o il fumo. Qualcuno, per giustificare dati simili, ci dovrebbe spiegare perché le province di Napoli e Caserta dovrebbero avere un modus vivendi diverso da quello delle altre zone della Campania», dice al Punto il Professor Maurizio Montella. «L'ipotesi più probabile — prosegue — è che vi sia un fattore distribuito sul territorio. È l'inquinamento atmosferico, della terra, delle acque. È un'affermazione che va verificata, e sto facendo delle ricerche per accertartni di ciò. ma c'è quasi sicuramente un elemento esterno che ha contribuito ad aumentare i tassi delle neoplasie». Montella si sofferma anche sulla mancata considerazione avuta dalle istituzioni: «Se fossero coscienti e pienamente consapevoli avrebbero dovuto finanziare già da anni indagini per analizzare meglio la situazione. Questo è un fenomeno già segnalato in precedenza. i dati attuali sono solo la conferma. Io e il mio istituto siamo stati finora ignorati: basti pensare che prima avevo tre assistenti a tempo indeterminato e due segretari, mentre ora ho semplicemente due contrattisti a tempo parziale. Anche la Regione non mi ha adeguatamente supportato: c'è un progetto di legge sull'istituzione del registro tumori della popolazione che è rimasto chiuso nel cassetto. Ma anche se il provvedimento fosse varato, partiremmo comunque con un ritardo considerevole. Era un atto che andava approvato dieci anni fa. E non è una questione di "colore" politico perché da destra a sinistra, passando per il centro, nessuno ha preso iniziative concrete». La situazione sembra destinata a non migliorare: «Prima di renderla pubblica, ho inviato la ricerca ad alcuni colleghi del Nord. Gli ho chiesto cosa ne pensavano: tutti mi hanno dato ragione. Qualcuno è arrivato addirittura a dirmi che stiamo sottostimando il problema». Oltre ai casi di cancro a colon retto, polmoni e mammella, ci sono altri tumori in aumento: «Abbiamo delle segnalazioni di incremento di tumori del testicolo. Sono neoplasie a danno genetico più che ambientale, anche se quest'ultimo fattore può incidere sul suo sviluppo. Sarebbe semplice verificarlo se qualcuno finanziasse le nostre ricerche. Ma, come detto in precedenza, c'è un problema di volontà politica», conclude.
DICIOTTO LUNGHI ANNI C'è il rischio — come sottolineato anche Montella — che fra le cause di questa anomalia ci sia la questione dei rifiuti. Dal 1994, infatti, la Campania vive una situazione di assoluta emergenza. passata attraverso tappe storiche precise, ma di fatto mai risolta. Diciotto anni fa il governo dichiarò lo stato di emergenza, terminato nel 2009. Raccolti irregolarmente per la mancanza di una politica ad hoc, i rifiuti solidi urbani vengono spesso dati alle fiamme. provocando pericolose emissioni di diossina. Fra l'altro, in barba alle norme comunitarie (nel marzo 2010 la Corte di giustizia europea del Lussemburgo ha condannato l'Italia sul caso dei rifiuti in Campania), la pianificazione di discariche idonee allo smaltimento dell'immondizia è avvenuta solo nel 2003. Cinque anni prima il presidente della Regione Antonio Rastelli indisse la gara d'appalto che si concluse nel 2000 (amministrazione Bassolino): la costruzione di nuovi impianti e di due inceneritori fu affidata alla Fibe, azienda del Gruppo Fisia, controllata da impregilo. La società offrì prezzi vantaggiosi ma non rispettò i tempi di consegna. realizzando fra l'altro impianti che producevano ecoballe troppo umide ed inutilizzabili per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti. Neanche la crisi del 2007/2008 che indusse l'allora presidente del Consiglio Romano Prodi ad intervenire in prima persona, proponendo la regionalizzazione dello smaltimento dei rifiuti e la costruzione di nuovi inceneritori -, più quelle del 2010 e del 2011 hanno portato ad una soluzione. C'è poi il problema delle discariche abusive. A fine ottobre 2011 la Guardia di Finanza ha sequestrato un'area di 40mila metri quadrati a Paestum, il più importante sito archeologico greco a sud di Napoli, adibita a sversatoio irregolare. Un altro caso è quello dei pozzi accanto alla ex discarica Rcsit, risultati avvelenati con sostanze nocive e cancerogene (in tre cavità ce n'erano quantità dieci volte superiori alla norma). Infine un cittadino che abita nei pressi della discarica di Terzigno ha raccolto e fotografato, nel novembre 2010, un limone deforme. L'immagine è circolata anche sui più autorevoli organi di stampa: la stessa cosa è avvenuta a Chiaiano. Qualcuno, mai come ora, dovrebbe cominciare a porsi delle domande.

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