Asìa, pm a caccia del «livello superiore» ecco perché Faggiano resta in carcere

La decisione Riesame per l'ex ad di Enerambiente La Procura: il manager prot ;e i suoi contatti politico-istituzionali
13 febbraio 2012 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

A gennaio è stato ascoltato tre volte dai pm napoletani, ha fornito una serie di chiarimenti, ma per la Procura di Napoli non basta e deve rimanere in cella. Niente sconti per lui, nessun premio per un manager specializzato nel settore della raccolta dei rifiuti, con ambizioni di crescita anche nel settore della sicurezza privata. Sotto i riflettori torna la posizione di Giovanni Faggiano, ex amministratore unico di Enerambiente, in cella dallo scorso luglio per un'ipotesi di estorsione. Venerdì scorso si è tenuta l'udienza dinanzi al Riesame di Napoli, botta e risposta tra accusa e difesa, c'è attesa del dispositivo del collegio di giudici. Il Riesame dovrà decidere se scarcerare o meno il manager di Enerambiente, la compagine societaria per anni al centro di una triangolazione su cui sono in corso indagini e accertamenti investigativi. La sua storia è più o meno nota: Faggiano è stato il principale interlocutore nei rapporti con Asia, la municipalizzata di Palazzo San Giacomo specializzata in raccolta dei rifiuti, ma anche delle coop di lavoratori di volta in volta inserite nella logica dei subappalti. Rapporti tra pubblico e privato finiti sotto inchiesta, chiaro il ragionamento degli inquirenti: forte del denaro pubblico sborsato da Asia (quindi dal Comune), Faggiano avrebbe preteso soldi a titolo di tangente dalle coop di lavoratori da inserire nella raccolta dei rifiuti, oltre ad imporre assunzioni a sfondo clientelare. Lo faceva solo per il suo tornaconto personale o era manovrato dall'alto da parte di esponenti delle istituzioni non ancora identificati? Al momento, nei suoi confronti c'è un'ipotesi estorsiva che tiene in cella Faggiano, mentre sulla corruzione la Cass zione ha disposto l'opportunità di una nuova udienza dinanzi al Riesame. È qui che la Procura ha calato nuovi assi. E ha ribadito il concetto: Faggiano non si sarebbe mosso da solo, ma avrebbe agito a stretto rapporti con soggetti pubblici non ancora identificati. È un punto battuto anche dai pm nel corso dell'udienza dinanzi alla dodicesima sezione del Tribunale di Napoli: soldi e assunzioni imposte alle coop Davideco e San Marco servivano a tacitare soggetti pubblici, esponenti del mondo istituzionale che restano per il momento sullo sfondo dell'inchiesta. Ma non è tutto. Agli atti dell'inchiesta finiscono anche le conversazioni tenute lo scorso dicembre a Pogggioreale tra Faggiano e la moglie, un lungo dialogo in cui ricorre il riferimento ai conti correnti. Inchiesta condotta dal pool guidato dal procuratore aggiunto Gianni Melillo, indagini affidate a Digos e Guardia di Finanza. Si parte da un dato accidentale, dall'incendio consumato a settembre del 2010 negli stabilimenti di via De Roberto, con la distruzione degli automezzi di Enerambiente. Un assalto organizzato, come ammesso dall'ex manager Davideco Salvatore Fiorito, di fronte all'improvvisa interruzione dei rapporti con Enerambiente e con Asia. Come a dire: dopo annidi tangenti versate a un presunto livello superiore, non c'era più la certezza di ottenere nuove commesse pubbliche, di qui l'assalto incendiario. Da allora le indagini sono andate avanti. In campo un pool formato dai pm Danilo De Simone, Luigi Santulli, Maria Sepe, Ida Teresi, accertamenti su conti correnti, sugli accessi da parte di alcuni collaboratori di Faggiano. Dinanzi al Riesame, la Procura ha insistito su un punto: Faggiano nasconde i suoi rapporti con esponenti del mondo istituzionale e sta provando a riposizionarsi nel settore della sicurezza e della intelligence privata. Non è un caso che agli atti dell'inchiesta su Asia vengono depositati alcuni contatti tra Faggiano ed ex esponenti delle forze dell'ordine, oggi in forza ad aziende private collegate con la galassia di Finmeccanica. Difeso dai penalisti Agostino De Caro e Stefano Montone, Faggiano respinge l'ipotesi di essere il grande collettore delle tangenti all'ombra della crisi dei rifiuti e si limita a ricordare la difficoltà di agire come manager dei rifiuti in un territorio-polveriera come quello napoletano: chiaro il riferimento all'emergenza regionale nella raccolta della spazzatura, improvvisi scioperi, la piazza che detta le sue condizioni. Per mesi detenuto a Poggioreale - più o meno nello stesso periodo del parlamentare Alfonso Papa e dell'uomo d'affari Raffaele Cacciapuoti -, ora Faggiano attende il pronunciamento del Riesame, in un'inchiesta che punta a scoprire il livello politico amministrativo di una storia di presunte tangenti e assunzioni sospette.

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