Rom, africani e altre etnie: in 400 si contendono l'area dove il parco promesso non è mai stato realizzato

Marinella, un lager dentro la città benvenuti nel campo dei rifiuti umani

I bambini giocano fra le baraccopoli e quintali di scarti industriali, amianto e residui di cantiere
Il sociologo Pizzuti "C'è il rischio di un'epidemia, aiutiamo subito questa gente"
30 gennaio 2012 - Anna Laura De Rosa
Fonte: Repubblica Napoli

UN CANALE d'acqua sudicia conduce alla baraccopoli incastrata tra il porto e via Vespucci, nel mai realizzato parco della Marinella. All'ingresso della foresta di sterpaglie di 3 5 mila metri quadri, un manipolo di bambini rom gioca alla guerra. Spuntano dalle barricate nauseabonde di rifiuti speciali abbandonati: quintali di scarti industriali, amianto, pneumatici e residui di cantiere. Lungo il viale sconnesso per i tombini distrutti, «si ammassano 150 baracche in legno due metri per tre» racconta Petru, tredicenn e rom che ha saltato la scuola per raccogliere ferro a bordo di un Ape Piaggio. Scene da lager nel campo alle spalle dell'ufficio immigrati della prefettura. Qui appena qualche mese fa il Comune ha censito 200 abitanti, oggi sono quasi il doppio, 400. Stipati anche in sei in una catapecchia, «rom, africani e un piccolo gruppo di etnie diverse, si contendono l'area da anni» taglia corto il ragazzo. «Voglio tornare in Romania» sbotta Alina. Quattordicenne disabile, si regge in piedi per miracolo ma spazza a colpi decisi l'uscio di "casa". «Non sono felice» ripete. «Dove vuoi andare? - la interrompe stizzita sua madre - Nel nostro paese non c'è niente. Qui ci lasciano nella spazzatura ma riusciamo a mangiare, anche se nessuno viene ad aiutarci». Solo qualche volontario ha ancora il coraggio di entrare nel campo a rischio epidemie. Dove una conduttura idrica sputa di continuo acqua gelida in una pozza, e i bagni in comune sono buchi nel terreno recintati da assi di legno. «E sarebbe una città civile quella che consente questo schifo? Chi entra nel campo smette di esistere» dice un operatore della Caritas. Sono le 12.30 quando sei donne comin ciano a pelare chili di patate in una baracca comune. Tra le pozzanghere, preparano il pranzo per figli e dieci nipoti. Sono giovanissime le mogli dei rom. Poco più avanti due bambini si chiudono "per gioco" in una sacca di plastica. «Lasciateli stare» avverte un uomo, che raduna in fretta una decina di compagni. I volti scuri, sono i meno pacifici del campo, quelli che non vogliono intrusi. «Siete venuti per farci cacciare? - urlano - Andatevene». Dimitru li calma, non vuole guai perché guadagna qualche euro nella vicina pescheria. Il rom vive da un anno «con tre cani in una baracca senzaacquaeluce» ma con bombole di gas accanto agli stracci. I più svegli invece hanno anche l'antenna per latv. Lussi impensabili per le catapecchie africane. Si vive anche peggio nel resto dell'area che è di proprietà statale e da anni dovrebbe essere trasferita al Comune. Nelle casse di Palazzo San Giacomo giacciono circa 700 mila euro per realizzare la Villa del popolo progettata nel '97. Solo dieci giorni fa il sindaco Luigi de Magistris ha chiesto al governo di accelerare il passaggio della proprietà, indispensabile per far partire il cantiere. Ma «bisogna aiutare subito questa gente» protesta Domenico Pizzuti, gesuita sociologo che lotta da anni per i diritti rom. «Siamo- aggiunge il gesuita - in un autentico campo di "rifiuti umani" (cita Baumann) accanto a una strada centralissima. Abitato da topi, è una bomba ecologica per il rischio epidemie. Serve un'azione immediata di istituzioni, volontari, Asl, Asia e quella benedetta Chiesa che non si occupa di questo». «Anche dopo il passaggio della proprietà - denuncia Gianfranco Wurzburger ex vicepresidente della II municipalità- Il Comune non saprà dove portare questa gente. Non è stata trovata una soluzione per i rom della Marinella». Diverso il caso dei campi di Cupa Perillo e Ponticelli, peri quali dovrebbero essere costruiti alloggi in primavera (in tutto sono 4 mila i rom in città) .«Il quartiere aspetta un parco da anni, non ci sono aree verdi in zona» aggiunge Maurizio Fusco della II municipalità. «La tragedia di questa città- dice Aldo Loris Rossi, autore del progetto della Villa del popolo - è che qui la normalità diventa un fatto eccezionale. Ai miei figli, il giorno della laurea, ho detto solo "Andatevene"».

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