LO SCANDALO ONNELLATE DI LIQUAMI DI DISCARICA SVERSATE SUL LITORALE FLEGREO: LA PROCURA HA CHIUSO LE INDAGINI

Percolato in mare, 41 a rischio processo

IL DISASTRO AMBIENTALE. TRA GLI INDAGATI BASSOLINO, PANSA, BERTOLASO E CATENACCI, ACCUSATI DI TRUFFA, FALSO IDEOLOGICO E DISASTRO
28 dicembre 2011 - Fabio Postiglione
Fonte: Roma

NAPOLI. Quarantuno indagati, tre in più rispetto all'inchiesta madre e il rischio che possano finire sotto processo per associazione a delinquere. Ieri la Procura di Napoli ha chiuso le indagini su l'ultimo filone di inchiesta sull'illecito smaltimento rifiuti in Campania. È l'inchiesta che il 28 gennaio portò in carcere 14 persone arrestate a vario titolo per associazione a delinquere, falso e smaltimento illegale di rifiuti. Irritazioni cutanee, infezioni gastrointestinali, una puzza insopportabile. Lungo il litorale flegreo l'aria era irrespirabile e sulla spiaggia ricoperta di letame camminavano animali mai visti prima: vermi, insetti e scarafaggi. Sembrava di essere in una discarica. In realtà quel mare era una porzione di discarica perché diventato uno sversatorio di percolato, il liquido che le balle di spazzatura espellono durante i processi di decomposizione. Un materiale altamente nocivo e cancerogeno che finiva in mare così com' era stato prelevato, senza alcun trattamento. Gli indagati che rischiano il processo Per questo il comando dei carabinieri Tutela ambiente, il nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza e gli uomini della polizia provinciale, ed eseguirono una ordinanza di custodia cautelare per 14 persone, otto delle quali sono finirono in carcere, e sei agli arresti domiciliari mentre risultano indagati a piede libero 24 persone tra le quali c'è Antonio Bassolino, l'ex presidente della Regione Campania e per anni commissario all'emergenza rifiuti e già sotto processo per truffa nella prima inchiesta sullo scandalo "munnezza". Le accuse per tutti sono di associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti, truffa e disastro ambientale. Una inchiesta che parte nel 2006 e si conclude il 31 dicembre del 2009 ed è sfociata nella richiesta al gip collegiale (D'Urso, Chiaro-monte, Giordano) da parte dei magistrati del pool Reati ambientali, coordinato da Aldo De Chiara, che si è avvalso del lavoro dei sostituti Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello. Il disastro ambientale era provocato da una articolata organizzazione di mezzi e uomini che rivestivano ruoli in istituzioni pubbliche, o di dirigenti in aziende private già coinvolte nelle inchieste sui rifiuti degli anni passati. Si è scoperto che buona parte del percolato che fuoriusciva dalle discariche e che non era possibile portare nei depuratori, visto l'alto grado di inquinabilità, veniva smaltito lo stesso grazie a false dichiarazioni e attestazioni che "declassavano" quel liquido. I depuratori, che già di per se non funzionavano bene, non erano in grado di smaltire nessun fango e il percolato, così come entrava, usciva e finiva in mare. Mirti sapevano cosa accadeva, lo dicono le intercettazioni telefoniche, ambientali, le lettere, le analisi, i verbali, le relazioni degli esperti. Il processo di raccolta e smaltimento di rifiuti era sbagliato in ogni sua fase e tutti, in ogni grado di competenza sapevano cosa stava accadendo e soprattutto le conseguenze che i loro comportamenti avrebbero provocato. Vero che Napoli e la sua provincia non potevano soffocare nell'immondizia ma è altrettanto vero che la legge va rispettata e soprattutto l'incolumità delle persone che ignare si bagnavano in quel mare inquinato. Così sono finiti in carcere tra gli altri Claudio De Biasio, collaboratore di Corrado Catenacci, ex commissario straordinario all'emergenza rifiuti, quest'ultimo agli arresti domi-ciliari con Marta Di Gennaro, ex prefetto e vice di Guido Bertolaso. 

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