Rifiuti, resta in carcere Giovanni Faggiano
Supera il vaglio della Cassazione, anche se ha bisogno di ulteriori approfondimenti, l'inchiesta della Procura di Napoli sul sistema di tangenti e assunzioni clientelari nel settore della raccolta dei rifiuti nel capoluogo campano. La Suprema Corte - con le sentenze 45930 e 45931 - ha infatti confermato la custodia in carcere per Giovanni Faggiano e gli arresti domiciliari per Corrado Cigliano, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex direttore operativo di "Enerambiente", la ditta alla quale l'Asia aveva appaltato la raccolta dei rifiuti in alcuni quartieri. Servizio per il quale venivano utilizzate due cooperative, "San Marco" e "Davideco" la cui opera non sarebbe però stata necessaria e alle quali veniva richiesto di sforare il tetto delle assunzioni. I due manager sono accusati di estorsione aggravata e corruzione. Ad avviso della Cassazione, «configura il reato di estorsione la condotta dei monopolisti di fatto del servizio esternalizzato della raccolta dei rifiuti solidi urbani» - come Faggiano e Cigliano - che «esercitino pressioni sulle cooperative che illegittimamente, anche se nella tolleranza dell'ente appaltante, forniscono lavoro interinale, allo scopo di farsi consegnare somme non dovute per far assumere personale segnalato, minacciando di interrompere un rapporto che poteva sciogliersi in qualsiasi momento» perché non regolato da un contratto. Per i supremi giudici, in maniera corretta il gip e il tribunale del riesame di Napoli hanno inquadrato come «minaccia» la «pressione morale» esercitata sulle cooperative dai due indagati. Per quanto riguarda il danno causato alle cooperative, la Cassazione osserva che esso «è individuabile» sia nelle tangenti pretese, sia «nell'assunzione di personale scelto non in base a indicazioni dell'Ufficio di collocamento o, comunque, in base a capacità professionali, ma solo in forza di segnalazioni di amici o politici, sotto la minaccia di interrompere il rapporto di lavoro con le predette cooperative». Per quanto riguarda l'accusa di corruzione la Suprema Corte invita i giudici di merito a «fornire adeguate motivazioni». Ora il Riesame dovrà fornire più indizi.