Intercettati i fratelli Zagaria «Sulla monnezza ho guadagnato milioni»
CASERTA - Quattro chiacchiere tra fratelli, seduti nel salotto di casa. Parlano di soldi e di lavoro. E fanno due conti, per valutare la convenienza dell’affare. Un affare che chiamano «la monnezza», spazzatura che trasportano nelle discariche con camion (trenta) acquistati con il leasing.
Un tot per la rata (che non hanno intenzione di pagare), un altro tot per le spese meccaniche e per gli stipendi agli autisti. Ciò che resta è una cifra spaventosa: una percentuale che varia tra il 12 e il 15 per cento di 20 milioni di euro. Chiariscono, a scanso di equivoci: 40 miliardi lire.
I due interlocutori del salotto di Casapesenna sono Pasquale e Carmine Zagaria, fratelli del capoclan dei Casalesi Michele latitante ormai da sedici anni. Il colloquio è registrato da un’ambientale, una «cimice» collocata dalla Squadra mobile di Caserta che non dispera di trovare qualche traccia che porti alla primula rossa.
È il 6 marzo del 2006, Pasquale e Carmine sono liberi e con ampia possibilità di movimento. Si sentono al sicuro e pianificano l’affare. È la prova dell’interessamento del gruppo Zagaria per i rifiuti, confessato da loro stessi e, per la prima volta, documentato dalle loro voci.
L’intercettazione è contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Vittoria Foschini che ha integralmente accolto la richiesta di tutti i magistrati del pool anticasalesi della Dda (Federico Cafiero de Raho, Catello Maresca, Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio, Alessandro Milita, Cesare Sirignano, Giovanni Conzo, Luigi Landolfi, Alessandro D’Alessio).
Un provvedimento restrittivo che colpisce i due fratelli, già detenuti; il cugino Michele Fontana, attuale reggente della famiglia; e altri quattro uomini del giro stretto del boss di Casapesenna: Michele Fontana (omonimo dell’altro), Pasquale Fontana, Rafafele Nobis, Francesco Martino.
Nell’ordinanza, eseguita ieri dallo Sco e dalla Squadra mobile di Caserta, si ricostruisce la storia più recente del clan (compresa l’alleanza strategica con Giuseppe Setola, e il via libera agli attentati contro i magistrati e le forze dell’ordine), si completa la ricostruzione investigativa dell’estorsione al Centro Campania (fatto per il quale Pasquale Zagaria è stato già condannato a otto anni di reclusione) e si traccia il profilo delle attività economiche di famiglia, con l’indicazione dei soci. Tra questi, anche Cipriano Chianese, l’inventore delle ecomafie in provincia di Caserta, attualmente sotto processo per disastro ambientale.
La parte inedita è offerta proprio dall’intercettazione ambientale del marzo del 2006. Riassume il gip Foschini: «Conversano, in modo palese, anche su un argomento che appare estremamente attuale quanto rilevante: la raccolta dei rifiuti, indicata dai colloquianti come: ”la monnezza”. Già le cifre indicate consentono di riferire che l’affare è molto rilevante. Nel discorso s’intuisce che non sono i soli a trattarlo. Parlano di circa 30 camion nuovi, presi con il leasing, che dovranno essere utilizzati per il lavoro di raccolta (...). Ad un certo punto Pasquale Zagaria nomina una persona, con la quale, sembra sia, analizzando bene la conversazione, in contatto affaristico. La persona in questione viene appellata ”Chianese” (...). Infine, fanno riferimento sempre a lavori per la raccolta dei rifiuti già dall’anno 2004 per un importo da 14 a 20 milioni di euro, parlando di un consorzio chiuso». Da un tale «Peppe», inoltre, avevano già incassato in modo continuativo il 10 per cento dell’importo. Su venti milioni di euro, dice Pasquale Zagaria, «hanno guadagnato il 12-13 per cento».
I rifiuti, spiega Pasquale a Carmine, «li caricano a Caivano e li portano a Cancello, ci stanno le discariche dove scaricare. Pagano a chilometri. Devono andare a Taranto quegli altri camion, vanno a portare la monnezza a Taranto».
Poi le cifre: «Quattordici milioni di euro dal 2004 fino ad oggi (primo trimestre del 2006, ndr), tu mi hai fatto 4-5 milioni di quell’altro; il consorzio che chiusero, stanno col consorzio e là incominciammo, mi ha fatto 14 milioni, sta roba, 20 milioni euro, sono 40 miliardi lire. Se lo dicevo vicino a Peppe come stai a lavorare tu, dicevo dammi il 10 per cento. Alla fine comunque il 10 per cento fino ad oggi c’è lo ha dato sempre. Quelli 20 milioni sono 40 miliardi di lire di lavori, abbiamo guadagnato il 12/13 per cento (”fino a tre mesi fa”, chiarisce Carmine) il 15 per cento che comunque abbiamo guadagnato».