Voragine di debiti e inchieste giudiziarie al collasso l'impresa delle bonifiche flop

Dalla vecchia Recam all'Astir dieci anni di cambi societari progetti e manager
25 novembre 2011 - Daniela De Crescano
Fonte: Il Mattino

In principio fu la Recam, azienda sulla quale si è appuntata più volte l'attenzione della magistratura. La società nacque nel 1993 con due azionisti: la Regione (51 per cento) e Italia Lavoro (49 per cento) che poi abbandonò la barca cedendo l'intero pacchetto agli amministratori di via Santa Lucia che nel 2008 lo acquistò per 490 mila euro. Quando l'impresa aprì i battenti, aveva 410 dipendenti, 338 provenienti dall'area Lsu. Il legale rappresentante fu l'attuale europarlamentare del Pdl Crescenzio Rivellini che nominò Antonio Scialdone (poi dirigente del Consorzio di bacino Ce 3 e plurindagato) responsabile tecnico. L'impresa aveva l'incarico di gestire gli interventi di recupero ambientale e della funzionalità idraulica dei lagni del Monte Somma - Vesuvio e della Piana del nolano. Ma, non essendo in possesso di alcuna autorizTSaazione per la gestione rifiuti, decise di avvalersi di soggetti imprenditoriali privati e organizzò una gara vinta dalla Sem controllata da Pasquale Di Giovanni e Giuseppe Buttone e riconducibile, secondo gli inquirenti, al clan Belforte di Marcianise. Poi cambiarono gli amministratori, ma la società non acquisì mai la capacità, in termini di mezzi e competenze, per entrare a pieno titolo nel campo delle bonifiche. E dipendenti e amministratori finirono più volte al centro di polemiche e inchieste giornalistiche mentre i sindacati dei dipendenti segnalarono l'impossibilità di lavorare a pieno ritmo vista l'assoluta mancanza di strumenti di lavoro. Nel 2008 l'azienda, grazie anche alle spese di consulenza e fitto dei mezzi, sotto la guida dell'amministratore delegato Michele Raccuglia, aveva accumulato debiti per 17 milioni di euro. Nell'ottobre dello stesso anno un incendio doloso distrusse la sede amministrativa dell'azienda. Un episodio inquietante e mai chiarito. L'anno successivo l'assessore regionale Walter Canapini (giunta Bassolino) nominò un nuovo consiglio di amministrazione (presidente Leonardo Santoro, consiglieri Fortunato Gallico e Domenico Semplice) e cambiò nome all'azienda che prese il nome di una stella, Astir. Un astro che brillò poco nel firmamento campano: Santoro e Gallico si dimisero l'anno successivo. Nel marzo del 2011 il governatore Stefano Caldoro scelse come presidente Pietro Diodato che nel frattempo era stato dichiarato decaduto dal consiglio regionale, al termine di una lunga querelle burocratica. Era stato infatti cancellato dalle liste elettorali, dopo una condanna per i disordini elettori avvenuti nel 2001 presso un seggio elettorale di Pianura. Intanto pagare gli stipendi ai dipendenti (il cui numero era cresciuto negli anni fino agli attuali 489) era diventata una scommessa. Dalla Regione non arrivavano più commesse. Poi, qualche settimana fa, le banche hanno trattenuto i soldi degli stipendi per coprire i buchi nei conti correnti della società. Così i lavoratori sono rimasti in attesa dei salari degli ultimi tre mesi. Ieri il consiglio di amministrazione si è schierato dalla loro parte; "E paradossale che pur con progetti in corso, in una regione martoriata dal punto di vista ambientale, i lavoratori Astir debbano preoccuparsi per il loro futuro, ed i cittadini campani vedere svanita la possibilità di bonificare interi territori da parte di una società pubblica, con maestranze altamente qualificate, immune da infiltrazioni criminali».

Powered by PhPeace 2.6.4