«Ma i sistemi alternativi costano molto»
NAPOLI — «Più che un impianto di digestione anaerobica, a Napoli occorrono stabilimenti di compostaggio».
Gianfranco Galanzino, piemontese, è tra i fondatori di un'azienda che produce impianti di gestione e trattamento rifiuti. Il Corriere del Mezzogiorno lo ha raggiunto sul cellulare mentre era in procinto di imbarcarsi su un volo dalla Sardegna verso Milano.
Nessuna offerta per il termovalorizzatore di Napoli est. Il vicesindaco Sodano propone di costruire al posto dell'inceneritore, nella stessa zona, un digestore anaerobi-co Cosa è?
«È un sistema che trasforma la sostanza organica in metano attraverso fermentazione anaerobica, dunque in assenza di ossigeno. Si sfrutta il carbonio e lo si trasforma in metano. Si utilizza soprattutto per le biomasse agricole e per il letame delle aziende zootecniche».
Qui, però, si parla di rifiuto umido.
«Non è così banale lavorarlo in modo tale che possa essere fonte di metano. Un impianto di digestione anaerobica per i rifiuti è non poco costoso. Richiede: sezione di pretrattamento, digestione, separazione solido - liquido. La componente solida poi va comunque compostata. Il fango, voglio dire, va addizionato con strutturante e compostato. I liquidi residui devono essere disinquinati. Il fatto è che l'umido del rifiuto è eterogeneo, non omogeneo come le biomasse».
Però ci si ripaga con la produzione di energia elettrica.
«In non pochi casi questi impianti, se trattano rifiuti, reggono solo grazie ai contributi pubblici per la produzione di energie rinnovabili. Per Napoli vedrei meglio impianti di compostaggio. Parlo da osservatore e senza interessi, perché la mia azienda produce sia i digestori, sia gli stabilimenti di compostaggio».
Come funzionano questi ultimi?
«L'organico - il rifiuto umido - è miscelato in capannoni con legno ed insufflato d'aria. Matura e produce compost, terriccio fertilizzante. Quest'ultimo, se di elevata qualità, ha un ottimo mercato. Io li vendo tutti».
A che prezzo?
«Varia dagli 8,5 euro ai 16 euro a tonnellata. Dipende anche dalla zona. Naturalmente è fondamentale che l'umido provenga da una raccolta differenziata ben fatta, che sia pulito e non contaminato da sostanze estranee».
A Napoli si può fare?
«Non crediamo alla favola che al nord si possa realizzare una differenziata spinta ed al sud non sia possibile. Tutte balle. Purché sia credibile chi chiede di farla, la differenziata non conosce limiti geografici. In Sardegna, provincia dell'Ogliastra, abbiamo raddoppiato un impianto di compostaggio che avevamo costruito solo poco tempo fa. Arrivava moltissimo umido ed era il prodotto di un'ottima differenziata. Materiale pulito, non contaminato».
Ritiene possibile che Napoli raggiunga il 70% di differenziata, come annunciato poco tempo fa dal sindaco?
«Generalmente per le metropoli percentuali del 45 - 50% sono un buon risultato. Meglio comunque un 50% impeccabile che un 70% con presenza di sostanze estranee nei bidoncini destinati a ciascun materiale. Comunque, ogni sforzo per incrementare la differenziata è benedetto».
Il compostaggio domestico, che ciascuno di noi può realizzare a casa o nel condominio, in piccole compostiere, è velleitario o può servire?
«Dà un contributo e comunque diffonde la consapevolezza che ciascuno ha il dovere di occuparsi del rifiuto che produce senza liberarsene mettendo tutto in una busta e poi in un contenitore indifferenziato».
L'inceneritore di Acerra, l'unico in Campania, può bruciare fino a 600.000 tonnellate annue. Il sindaco di Napoli sostiene che non servano altri impianti. Giusto o sbagliato?
«Sempre meglio spingere il più possibile la differenziata che bruciare. Poi, bisognerebbe vedere quel che si incenerisce. Piuttosto che nuovi termovalorizzatori, sarebbe utile produrre Cdr di qualità, attraverso la stabilizzazione del rifiuto. Diminuisce il volume e si riducono i quantitativi da incenerire. Applicando queste strategie direi che un impianto da 600.000 tonnellate per la Campania è più che sufficiente».