IL MAXIPROCESSO PER 2 IMPUTATI FURONO CHIESTI 20 ANNI PER DISASTRO E OMISSIONE DI CAUTELE

«Cancro da Eternit, tu dolo ìntenzionale»

8 novembre 2011
Fonte: Giornale di Napoli

«Gli imputati hanno accettato il disastro e hanno finito per agire con dolo intenzionale». Lo ha detto ieri mattina il pubblico ministero Raffaele Guariniello a conclusione delle repliche dell'accusa nei confronti del miliardario svizzero Stefan Schmidheiny, 65 anni, e del barone belga Louis de Cartier, 90 anni, gli alti dirigenti della multinazionale dell'amianto Eternit. Sono sottoposti a giudizio per l'inquinamento ambientale e le migliaia di vittime (in gran parte dipendenti e loro parenti) correlati ai quattro stabilimenti italiani del gruppo con sedi a Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e la sede napoletana di Bagnoli. Per entrambi la richiesta di pena era stata di 20 annidi reclusione per i reati di disastro doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. Nel corso del maxiprocesso in corso a Torino si è parlato dei 570 casi dello stabilimento di Bagnoli. Nella filiale partenopea della multinazionale dell'amianto, attiva a partire dalla fine degli anni'Yenta, si sono verificati, secondo i dati raccolti dalla polizia giudiziaria, non meno di 573 casi di operai colpiti da malattie provocata dal contatto con il minerale nocivo; di questi i morti sono ormai più di 430 e il loro numero è destinato a salire. Quella di Bagnoli, con i suoi 157 mila metri cubi, era, tra le filiali italiane dell'Eternit prese in esame al processo di Torino contro i vertici della multinazionale, la più grande. Entro il perimetro c'erano persino delle casette a due piani in cui abitavano quadri aziendali, dirigenti, meccanici ed elettricisti con le loro famiglie. «Nella mia carriera di pubblico ministero - ha detto Guariniello - non avevo mai chiesto condanne tanto elevate. Questa volta l'ho fatto per l'intensità dell'elemento soggettivo e per il prolungamento del comportamento degli imputati nel tempo». Secondo l'accusa, i morti correlati all'esposizione all'amianto degli stabilimenti della Etemit sono stati quasi 3 mila. Le parti civili costituitesi al processo sono state oltre 6 mila. Secondo il pubblico ministero Sara Panelli, Stefan Schmidheiny e Louis De Cartier avevano potere decisionale diretto sugli stabilimenti del gruppo Eternit e non è possibile sostenere che il loro ruolo fosse marginale o inesistente, come hanno sostenuto le difese nel maxi-processo in corso a Torino che li vede imputati per disastro doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. «11 barone de Cartier - ha detto Panelli - si autonominò nel consiglio d'amministrazione della Etemit nel 1971, manifestando una chiara volontà operativa e, durante gli anni, crebbe in lui la piena consapevolezza del disastro causata dagli stabilimenti italiani del gruppo». Per quanto riguarda Schmidheiny, invece, «non è pensabile - ha sostenuto il pm - che avesse peso decisionale soltanto nelle questioni planetarie, in quanto era pienamente inserito nella gestione quotidiana delle imprese del gruppo, di cui è stato un amministratore di fatto. A lui si deve la creazione di un sistema di comunicazione per difendere l'amianto anche quando si conosceva ormai la pericolosità di tale materiale, esponendo i lavoratori e il territorio all'inquinamento».

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