Lite legale sul traffico di mille tonnellate al giorno

La Puglia non vuole più l'immondizia di Napoli «Non si sa cosa arriva»

La giunta Vendola violati gli accordi
29 ottobre 2011 - Andrea Garibaldi
Fonte: Corriere della Sera

ROMA — Tutto era cominciato bene. Nel nome del buon vicinato fra Regioni. «La Puglia smaltirà 5o mila tonnellate di rifiuti di Napoli e della Campania», annunciò il governatore di Puglia (e leader di Sinistra Ecologia e libertà), Nichi Vendola, fine novembre 2oio. Precisando: «Non si può venir meno al dovere della solidarietà. Se crepa Napoli, crepa il Mezzogiorno d'Italia». Cos'era accaduto? C'era stato un appello del governo alle Regioni affinché alleviassero il disastro napoletano e la Puglia, fra le poche, aveva dato disponibilità, forte di un sistema di discariche (private) esistente. A distanza di pochi mesi, tutto è finito in tribunale. E l'assessore pugliese all'Ambiente, Lorenzo Nicastro, ha invitato i cittadini della sua regione addirittura al «controllo sociale» sulla pericolosità sugli scarti campani. Nicastro è un ex pubblico ministero, vicino all'Italia dei Valori, che Vendola ha chiamato in giunta. Spiega così: «Il flusso di rifiuti campani è senza garanzia. Non sappiamo cosa c'è veramente dentro». Aveva detto Vendola, fine novembre 2oio: «Governo Berlusconi, Esercito e Protezione Civile hanno garantito che la qualità del rifiuto trattato in Campania sarà al di sopra di ogni sospetto. Noi verificheremo quando arriverà in Puglia». La Puglia è da tempo «solidale» con la Campania. Dal zoo8 sul suo territorio sono state scaricate 5o mila tonnellate di rifiuti campani. Quando c'è il nuovo appello da Roma, la Puglia dice: ok, siamo qui. L'accordo è per 45 mila tonnellate di «vecchi rifiuti» accumulati. I due assessori all'Ambiente firmano un protocollo «per cautelare le popolazioni pugliesi residenti nei siti di smaltimento». Racconta l'assessore Ni-castro: «I trasferimenti erano curati dall'Esercito. Ma dopo le prime 1000 tonnellate, venne il generale Monaco e mi disse: noi ci salutiamo qui». L'Esercito lasciava, le competenze passavano alle Province. Poi, accadono due cose. La polizia provinciale di Taranto notifica che i rifiuti potevano essere «non idonei», non erano tritati e separati e giungevano in Puglia senza le analisi delle agenzie ambientali delle due Regioni. Numero due: nel protocollo si parlava anche di un «ristoro ambientale», un rimborso di 5oo mila euro per la Puglia. «Mai arrivati — dice Nicastro —. Come i 7 milioni che il governo si era impegnato a darci nel 2008 per bonificare i siti inquinati della zona di Taranto». Insomma, secondo la Puglia, troppi patti violati. La Regione a questo punto diffida la discarica principale, Italcave di Stazze, ad accogliere i rifiuti campani. Italcave, società dei fratelli tarantini Caramia, ricorre al Tar. Il Tar sospende il diktat regionale. Gli scarichi dalla Campania riprendono per altri tre mesi, fino a quando il Tar, nel merito, dà ragione alla Puglia. Ma il Consiglio di Stato con- cede di nuovo la sospensiva a Italcave. A settembre la Puglia effettua un nuovo controllo e trova in due Tir materassi, gomme, fari, toner, sacchetti di immondizia indifferenziata. Tutti materiali non previsti fra quelli «esportabili». Né viene trovata la documentazione «sull'assenza di fu-rani e diossine». Nuova diffida regionale, nuovo ricorso Italcave. Il Tar sospende la diffida. Il traffico di rifiuti da Campania a Puglia continua: «Un migliaio di tonnellate al giorno —dice l'assessore Nicastro —. Sulle quali non abbiamo strumenti di controllo». Arrivano dalle Province di Salerno, Benevento, Napoli, la città amministrata da de Magistris, che come Vendola si rivolge ai «movimenti» del Paese, ma non ha responsabilità diretta sui trasferimenti. L'amministratore di Italcave, Giovanni De Marzo, assicura che sono garantiti i controlli sulla non pericolosità. Ma la giunta Vendola chiama allo «slancio collettivo», chiede ai pugliesi una mano per esaminare cosa proviene dal confine campano.

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