Da Bagnoli a Ponticeffi, 110mila tonnellate di amianto da smaltire
NAPOLI - L'emergenza amianto a Napoli non è mai finita. Da Bagnoli a Ponticelli, è presente in molte zone e in varie forme: da quello naturale che emerge in superficie e giace all'aria aperta nelle aree industriali dismesse abbandonate da almeno vent'anni, fino a quello miscelato con il cemento nella classica ondulina dei tetti e nelle tamponature degli edifici industriali o domestici degli anni '70 e '80. Le inchieste della magistratura partenopea e le ricerche promosse da Medicina Democratica evidenziano una situazione drammatica. Nelle aree degli ex siti industriali Etemit, Cementir e Italsider di Bagnoli si devono ancora smaltire 100mila tonnellate di amianto, la bonifica va a rilento e la colmata di veleni a mare non è stata rimossa. Qualche anno, Asl Napoli 1, nel corso di un sopralluogo, è stata costretta a bloccare i lavori del nuovo collettore fognario di Coroglio e a chiudere gran parte del cantiere per evitare danni agli operai. L'organismo di vigilanza sanitaria aveva scoperto tantissimo materiale cancerogeno nel sottosuolo che circonda l'ex Etemit e la Cementir dismesse da da diversi anni. Sembrava che tutto fosse stato impermeabilizzato e messo in sicurezza e, invece, c'era tanto amianto. La precedente amministrazione comunale di Palazzo San Giacomo guidata da Rosa Russo Iervolino fu costretta a denunciare la Cementir alla Procura della Procura. L'informativa fu inviata e firmata dal dirigente del servizio Tutela della salute, Francesca Poli, e dal coordinatore del Dipartimento Ambiente, Giuseppe Pulii. La nota era corredata da un dossier. Primo documento agli atti, l'ordinanza sindacale a firma dell'ex assessore all'Ambiente, Rino Nasti, del 24 aprile 2008 che chiedeva che l'ex sito industriale Cementir venga smantellato, perché costituisce "un rischio per la popolazione". Sono trascorsi tre anni. I capannoni sono ancora lì. L'amianto ha prodotto e continua a produrre disastri ben al di là di quell'area limitata che era stata inclusa nel perimetro della bonifica. L'Eternit ha provocato morte. Ben 394 operai sono deceduti di asbestosi, una terribile forma di tumore al polmone, che colpisce chi è stato a contatto con l'amianto, e altri 190 sono in fin di vita. I loro familiari sono in attesa finalmente di avere giustizia dopo vent'anni. E non dalla Procura di Napoli. Cè voluto un magistrato torinese, Raffaele Guariniello, per mettere sotto accusa i due proprietari della multinazionale, il miliardario svizzero Stephan Schmidhaeny e il barone belga Louis De Cartier De Marchiante. Il reato è pesantissimo: disastro doloso permanente e inosservanza delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro. Un processo storico. Ma chi pensa che la strage di amianto sia un ricordo lontano si sbaglia. A quanto dicono gli esperti, il picco della malattia deve ancora arrivare. C'è chi continua ad ammalarsi di mesotelioma o di asbestosi. C'è chi continua a morire. Perchè è vero che la fabbrica dell'Etemit è stata chiusa venti anni fa, ma la contaminazione ha riguardato anche chi non vi ha mai lavorato: mogli e figli degli operai, che portavano a casa le tute sporche del lavoro, abitanti della zona che hanno respirato, senza saperlo, le polveri sottili prodotte dallo stabilimento. E non finisce qui. Nel quartiere di Ponticelli, 400 cittadini vivono in prefabbricati coibentati in amianto e dalle tettoie in fibrocemento di Etemit. Invece, nell'ex Anmil di via delle Industrie, edificio da demolire per la successiva ricostruzione e destinazione a un Centro per l'accoglienza delle popolazioni migranti, sono stati rinvenuti rifiuti speciali, alcuni dei quali contenenti amianto.