Di Gennaro, interrogatorio fiume «Nessun guadagno personale»
Più di dieci ore d’interrogatorio, lunghi momenti di tensione, due donne a confronto. Lì, allo stesso tavolo, tredicesimo piano, torre b: Rosanna Saraceno, il gip che ha firmato 25 arresti per manager e subcommissari all’emergenza rifiuti, e Marta Di Gennaro, l’ex braccio destro di Guido Bertolaso. Nove ore di interrogatorio, la voce alta del numero due della protezione civile che non ci sta ad incassare le accuse di truffa ai danni dello Stato, falso e traffico illegale di rifiuti. Allo stesso tavolo, il penalista Efisio Figus Diaz, che assiste la Di Gennaro, i due pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, titolari dell’inchiesta sul commissariato di governo. La donna non ci sta e replica a tutte le contestazioni, che si fondano sulle lunghe telefonate intercettate dai militari del Noe, tra il 2005 e il 2007. Intercettazioni dalle quali emergerebbe - è questa la lettura della Procura accolta dal gip - un rapporto di collusione tra pubblico e privato. Nessun intervento per sollevare una questione di fondo: quelle prodotte dai cdr erano false ecoballe, ben lontane dal rifiuti differenziati ad alto potere calorifico richiesti dal contratto. Con inevitabili contraccolpi sotto il profilo della salute e dei danni ambientali, in una situazione che conveniva un po’ a tutti. Su questo punto, la funzionaria finita agli arresti domiciliari - figlia di un magistrato, madre di un funzionario di polizia e numero due della Protezione civile - non lesina argomentazioni difensive: «Non avevo alcun bisogno di fare carriera e non ho guadagnato nulla dalla mia missione napoletana», chiarisce a mo’ di esordio. Poi, il discorso è caduto sulle intercettazioni. In alcuni passaggi utilizzati dal gip per motivare gli arresti, la Di Gennaro si rivolge a Bertolaso, al quale sottolinea che un intervento «del Noe farebbe emergere che non facciamo a norma». Altre intercettazioni farebbero invece riferimento alla possibilità di «truccare una discarica», di addomesticare i documenti relativi alla possibilità di impiegare la discarica di Terzigno. Passaggi che si prestano ovviamente all’interpretazione e che sono stati al centro della valutazione del giudice per le indagini preliminari. Nella notte, altri due interrogatori, senza soluzione di continuità: quello di Fabio Mazzaglia (difeso dal penalista Lucio Caccavale), responsabile di un laboratorio chimico che avrebbe contribuito a falsificare le analisi sui rifiuti trattati; quello di Giuseppe Sorace (difeso dal penalista Claudio Botti), responsabile unico del procedimento del ciclo produttivo dei rifiuti. Due posizioni che chiudono l’interrogatorio di «garanzia» a carico dei 25 personaggi finiti agli arresti domiciliari nove giorni fa.