Procedura d'infrazione «per non aver creato un sistema adeguato» - Ultimatum di 60 giorni Possibile sanzione di diversi milioni di euro

Per i rifiuti di Napoli l'Unione europea mette in mora il governo italiano

Le richieste di Bruxelles Nuove discariche, altri inceneritori, potenziare la raccolta differenziata
30 settembre 2011 - Massimiliano Amato
Fonte: l'Unità

Non bastano le buone intenzioni del Comune. Pesano i ritardi e la disorganizzazione a livello regionale e nazionale. Insanabili le divergenze tra il sindaco Luigi de Magistris e il presidente della Campania, Stefano Caldoro. Due mesi soltanto, in pratica un ultimatum. L'Europa ha atteso anche troppo: quasi vent'anni. Vent'anni di caos normativo, disorganizzazione, incapacità amministrative, scandali, Piani fallimentari. Vent'anni di straordinaria confusione e sessanta giorni solamente per archiviare definitivamente una pagina di storia scritta con i caratteri della vergogna. L'eterna emergenza rifiuti di Napoli potrebbe costare all'Italia un giudizio davanti alla Corte di Giustizia dell'Ue e un'ammenda pesantissima: «Nel calcolo delle sanzioni entrano in gioco molto fattori - spiega Joe Hennon, portavoce del commissario all'Ambiente Janez Potocnik - ma considerando che l'Italia è un grande Paese l'ordine di grandezza ipotetico sarebbe di numerosi milioni di euro». L'ultimatum è contenuto in una lettera di "messa in mora" che la Commissione europea ha recapitato al governo italiano. Diciotto mesi fa l'Europa condannò il nostro Paese «per non aver creato in Campania un sistema integrato adeguato per la gestione dei rifiuti». A distanza di un anno e mezzo, la Commissione ritiene che quella sentenza non sia stata adeguatamente applicata: «Apparentemente sono state prese ben poche misure, comprese le spedizioni, per garantire una regolare gestione dei rifiuti fino a quando entreranno in funzione gli impianti previsti». Non bastano, dunque, le buone intenzioni, e nemmeno i tanti Piani presentati, se poi la situazione resta drammatica. Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare: lo conferma la vicenda dell'appalto per il secondo termovalorizzatore di Napoli, la cui gara è andata deserta la settimana scorsa. Un punto a favore del Comune, che da quando si è insediata la nuova amministrazione ha ingaggiato un braccio di ferro con la Regione. Incolmabili le distanze programmatiche: Palazzo San Giacomo dice no all'impianto, e punta su differenziata e compostaggio. Da Palazzo Santa Lucia rispondono con un Piano che fa perno sull'inceneritore di Napoli Est. Ma all'Europa interessano poco le liti da cortile tra de Magi-stris e Caldoro. La Commissione pretende risultati. E detta la linea. Per l'immediato, «occorre urgentemente fare in modo che quanti più rifiuti possibile siano inviati a smaltimento o recupero in altre Regioni italiane o in altri Paesi»: una strada su cui si era incamminato il Comune, prima di fermarsi di fronte alle prime difficoltà.
UNA TREGUA FRAGILISSIMA Accanto alle misure "contingenti", necessarie per impedire l'esplodere di una nuova emergenza di cui già s'intravedono i primi segnali (circa trecento le tonnellate non rimosse dai marciapiedi cittadini, effetto di un'agitazione dei lavoratori di una delle imprese subappaltatrici del servizio di igiene urbana: la tregua in atto dalla metà di agosto si regge su equilibri fragilissimi), Bruxelles elenca gli interventi di lungo periodo necessari per il superamento definitivo dell'emergenza. Bisogna «aumentare la capacità delle discariche presenti, realizzarne delle nuove, aggiungere tre inceneritori a quello già esistente di Acerra e incrementare la raccolta differenziata e il riciclo». La nuova bocciatura europea riguarda la Regione e il governo, che nei primi sei mesi del 2011 hanno presentato varie bozze di Piano. Nessuna convincente: «Una grande maggioranza delle installazioni è lungi dall'essere realizzata e la tempistica indicata è spesso troppo vaga». L'Europa pretende invece azioni a breve termine, e non dimentica «i circa sei milioni di tonnellate di balle di rifiuti ancora depositate in discariche provvisorie in attesa di un definitivo smaltimento o recupero»: uno scandalo nello scandalo che pesa come ipoteca sui destini delle future generazioni.

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