Ecomostro dell'Arenella ordinato l'abbattimento
La Procura di Napoli chiede al Comune di procedere all'abbattimento del «mostro» di cemento dell'Arenella, una eterna incompiuta le cui prime fondamenta vennero posate oltre 20 anni fa, proprio all'uscita della tangenziale Arenella. È stato direttamente il procuratore aggiunto di Napoli Aldo De Chiara - che coordina la sezione Ambiente - ad avanzare la richiesta al Comune. Il rustico del palazzone che si tentò di edificare senza le necessarie concessioni, ormai già di quattro lustri fa, è ancora al suo posto. Ora si è deciso di intervenire, definitivamente. Ma le cose, negli anni, si sono complicate: da parte degli eredi di chi edificò è infatti giunta una richiesta di condono, dopo che il governo varò il provvedimento nel 1994. Ma da quel giorno nessuno si è assunto la responsabilità di decidere In merito. Quella dell'ecomostro dell'Arenella è una storia da raccontare. Anche perché emblematica di una condizione in cui burocrazia, incuria, mancati controlli e ritardi perenni finiscono con il lasciare tutto com'è. Il cantiere per realizzare il palazzo fu inaugurato nell'ormai lontano 1988. Aldo De Chiara all'epoca era pretore, uno di quei pretori d'assalto che per primi si accorsero che una delle forme più subdole di reati si concretizzavano nell'assalto al territorio. Da pretore, De Chiara fece scattare i sigilli al manufatto di via Cattaneo perché la concessione edilizia sarebbe stata ottenuta simulando che in quella zona ci fossero state già altre strutture, e in base ad una legge che consentiva di costruire in deroga ai vincoli urbanistici, a condizione però che si volesse ampliare uno stabilimento produttivo. Ma, ricorda lo stesso De Chiara, quando i vigili andarono a fare il sopralluogo, sul posto trovarono solo alcune galline in un pollaio. E torniamo ai giorni nostri. Molte cose sono cambiate: morto uno degli imputati, per i restanti tre l'unico precedente giudiziario è cristallizzato in una sentenza di primo grado nella quale si ordinava, tra l'altro, l'abbattimento dell'edificio in costruzione (a spese degli stessi imputati). Ma non è finita. Perché, intanto, i giudici di secondo grado ribaltò la sentenza di condanna del pretore, e nell'aprile del 1992 la Corte di Appello di Napoli assolse 3 imputati su 4 «per non aver commesso il fatto» e «perché il fatto non costituisce reato».