La gestione dei rifiuti con il pacchetto anticrisi rischia di cadere nelle mani dei privati: dove sono già arrivati le cose vanno male

L'oro nel cassonetto La cricca dei rifiuti alla conquista dei gioielli comunali

Il governo apre ai privati per «aumentare la competitività». Ma in questi anni tante sono state le inchieste sui gestori non pubblici
L'esperienza fatta sinora dai Comuni con le società non consente ottimismo: disservizi, poca differenziata e tanti dubbi sulla trasparenza
19 agosto 2011 - Giorgio Mottola, Andrea Palladino
Fonte: Terra

Sla a destra che a sinistra si ritiene che la parola privatizzazione faccia rima con miglioramento della qualità dei servizi e maggiore competitività dei prezzi. «Più concorrenza giova all'interesse dei cittadini», ha spiegato una settimana fa il ministro Raffaele Fitto presentando l'articolo 4 della manovra finanziaria, che impone ai Comuni la vendita ai privati dei servizi pubblici locali. Se il decreto dovesse essere confermato, il sistema dei trasporti locali e della gestione dei rifiuti rischia di essere smantellato in tutte le città italiane. Secondo l'esecutivo, il Paese non ha che da guadagnarci: «Con la liberalizzazione ricondurremo finalmente a condizioni di trasparenza e correttezza i rapporti tra sfera politica e sfera economica», è la promessa di Fitto. Sarà davvero così? Può anche darsi. Ma l'esperienza che sinora i Comuni italiani hanno fatto con i privati nella gestione dei servizi locali non consente troppo ottimismo. Dalla metà degli anni 90, in molte città la raccolta dei rifiuti è stata affidata ad aziende private. E, nella maggior parte dei casi, alla privatizzazione non è corrisposta alcuna competitività dei prezzi e, meno che mai, più trasparenza tra la sfera economica e politica.
Latina, ad esempio, è da almeno dieci anni un vero e proprio laboratorio delle privatizzazioni. Da qui il modello Acqualatina - il gestore privato partecipato dalla francese Veolia - è stato esportato in tante altre parti d'Italia. E qui, a cavallo tra la fine degli anni '90 e il 2000, sono sbarrati i fratelli C.nlnrri rnn la loro società Waste Italia, oggi parte importante del gruppo Unendo. Hanno in mano la gestione dei rifiuti nel capoluogo di provincia e a Terracina, oltre ad una partecipazione importante nella principale discarica della zona, a Borgo Montello.
La società Latina Ambiente - 51 per cento in mano al comune e il resto controllato dall'Unendo - è oggi oggetto di un'inchiesta da parte della Procura, che da diversi mesi sta puntando la lente d'ingrandimento sui rapporti con alcuni fornitori campani e sulle consulenze esterne. Per ora risulta indagato solo l'amministratore delegato della società di Latina, ma le indagini proseguono spedite. Il capoluogo pontino è stato il laboratorio anche dello stretto rapporto che esiste tra l'imprenditoria ambientale e il sistema politico del centro destra. Le società dei fratelli Colucci tra il 2000 e il 2001 hanno finanziato - in maniera legale - Forza Italia, con diversi versamenti milionari. Dal 2002 i versamenti dichiarati alla Camera dei Deputati hanno riguardato Alleanza Nazionale. Nessuna collegamento ovviamente con le concessioni arrivate proprio in quegli anni nella roccaforte del Pdl laziale, ma di certo un segno di stretti rapporti e alleanze. Ed è proprio il gruppo Colucci - che anni fa acquisì il ramo italiano della multinazionale Usa Waste Management - una delle imprese che potrebbe essere oggi interessata all'ondata di privatizzazioni dei servizi ambientali inserita all'interno della manovra finanziaria.
I fratelli Pizzimbone sono un altro simbolo della liberalizzazione all'italiana dei servizi locali. Sono originari di Savona e molto vicini al Pdl, soprattutto a Marcello Dell'Utri. Pierpaolo Pizzimbone nel 2004 ha inaugurato a Imperia uno dei primi Circoli del Buongoverno, l'associazione politica fondata dal senatore siciliano. I Pizzimbone sono a capo di una holding dei rifiuti che negli ultimi cinque anni ha preso sempre più quota. Si tratta del gruppo Biancamano, con sede nel paradiso fiscale di Cipro, che ha al suo interno la Ponticelli srl, insediata soprattutto in Liguria, 1'Aimeri Ambiente, con grossi interessi in Sicilia, e la Manutencoop servizi ambientali, acquistata nel 2009 dal colosso emiliano allargando la sfera di influenza della holding a Bologna e all'Emilia Romagna. Un quarto del fatturato, la Biancamano lo realizza in Sicilia. Nel 2006, i Pizzimbone si sono aggiudicati prima l'appalto dellAto Catania 1, poi la gestione dei rifiuti a Caltagirone e infine dell'Ato Caltanissetta 2. Gare vinte ovunque con ribassi sorprendenti. A Caltanissetta, la commessa da 22 milioni per lo spazzamento delle strade e dello smaltimento dell'immondizia viene vinto con un ribasso di appena lo 0,1 per cento cento. E nell'altro Ato addirittura con soltanto lo 0,0014 per cento. Ma i guai giudiziari dei Pizzimbone cominciano un paio di anni fa, in Liguria. La Procura di Imperia ha iscritto nel registro degli indagati il fratello più piccolo, Pierpaolo, presente nel cda della Ponticelli srl, insieme all'ex presidente della provincia di Imperia, Gianni Giuliano, e all'ex assessore provinciale all'ambiente Alberto Bellotti. Secondo i magistrati, gli amministratori pubblici avrebbero compiuto «una serie di omissioni per favorire la Ponticelli srl», garantendo alla società «la continuità della gestione della discarica a seguito dell'ampliamento e, quindi, il conseguimento di cospicui profitti connessi alla gestione». Ai Pizzimbone sarebbe stato consentito di ampliare il loro invaso anche se era completamente esaurito.
Molto più grave, dal punto di vista giudiziario, è invece la posizione di Enerambiente, società veneziana, con interessi in mezza Italia, dall'Abruzzo, alla Campania, fino alla Calabria. A Teramo, detiene il 49 per cento (attraverso Enertech) della società mista Team (Teramo Ambiente), che gestisce raccolta e smaltmento. A Napoli, fino al 2010, ha lavorato in subappalto per l'Asia (la municipalizzata del Comune di Napoli), affidandosi a sua volta a due ditte (San Marco e Davideco) che hanno ricevuto un'interdittiva antimafia (la prima) e hanno visto i propri vertici arrestati (la seconda). Anche Enerambiente, che l'imprenditore veneto Stefano Gavioli ha rilevato dal 2007 da Manlio Cerroni (all'epoca si chiamava Slia), ha ricevuto un provvedimento interdittivo per questioni legate alla criminalità organizzata. In un'informativa della prefettura di Venezia, la Dia parla di «frequentazioni assidue» tra Gavioli e Angelo Zito, legato alla cosca mafiosa dei Graviano. Il proprietario di Enerambiente è indagato a Napoli per usura (nei confronti di Asia, che gli ha rescisso il contratto) e a Reggio Calabria per truffa ai danni dello Stato.
In stretti rapporti di affari con Gavioli, è stato fino al momento del suo arresto il ras abruzzese dei rifiuti Rodolfo Di Zio, che oltre alla partecipazione nelle quote azionarie di Teramo Ambiente, gestiva la raccolta e le descariche in molte province abruzzesi. Sono invece da anni molto forti gli interessi in Campania, Lazio e Sardegna della De Vizia Transfer, sede legale nel torinese ma radici ben piantate in Campania. La ditta, al centro di un'inchiesta della Procura di Treviso per truffa, gestisce la raccolta rifiuti a Olbia, Oristano, Quartu Sant'Elena e Sassari.

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