"Michele aveva già deciso di partire" la famiglia Orsi rivela il piano fallito

3 giugno 2008 - Antonio Corbo
Fonte: Repubblica Napoli
Aveva deciso di sparire. Michele Orsi voleva rifarsi una vita e un´azienda al nord. Lontano dai rifiuti e dai Casalesi. Era pronto a trasferirsi con il fratello, qualcuno l´aveva saputo, i killer sono arrivati prima. «Non ce la facevamo più. Siamo stati denunciati e abbiamo pagato, minacciati e abbiamo denunciato. Siamo stati arrestati. Siamo usciti ed è stato peggio: tutti i beni sequestrati, dovevamo pagare alla camorra e non avevamo più niente di nostro. E ora ci ammazzano anche», ripete Sergio, voce rotta e occhi rossi di pianto. 
Alto, robusto, una quercia schiantata.
Due ore nella casa del lutto e della paura. Via Catullo 9, traversa di Corso Dante, dove l´altro giorno è stato ucciso Michele Orsi, ha lasciato quattro figli, uno sofferente dalla nascita, la moglie insegnante, «la sola che possa far mangiare tutti». Oltre il cancello, il cortile porta in uno studio seminterrato: Sergio alla scrivania, sui divani i ragazzi e le donne, due famiglie pronte a fuggire. Scatterà presto il programma di protezione, Sergio sa quello che sapeva Michele, Sergio dovrebbe essere interrogato ancora, Sergio è in pericolo come lo è stato Michele, ma non è stato protetto. C´è un giro di parole sulle responsabilità in un rituale dell´ipocrisia. Il prefetto Ezio Monaco ha convocato un «Comitato urgente», il questore manda «relazioni urgentissime» a Manganelli, i magistrati chiariscono che «Michele Orsi era un dichiarante e non un pentito». Che aveva cominciato a fare «dichiarazioni utili alle indagini». La Procura ribadisce che «aveva chiesto alla prefettura per il proprio testimone una protezione». Il prefetto fa sapere che «lo Stato c´è e risponderà in maniera adeguata». Il prefetto intanto risponderà al sottosegretario all´Interno che vuol sapere qualcosa in più. Dice Alfredo Mantovano: «Il prefetto può, su richiesta dell´autorità giudiziaria, avviare comunque misure urgenti di protezione, anticipando di fatto l´ingresso nel programma di protezione». E aggiunge: «Accerteremo se la richiesta fu avanzata». Vuol sapere quindi se è stata davvero chiesta la protezione o se la prefettura non l´ha disposta in tempo. Tocca quindi al prudente colonnello Burgio parlare con i tg. Un discorso che non crocifigge nessuno: Burgio con il collega della finanza, Mattana, è stato in casa Orsi. Domani l´autopsia, poi i funerali, infine il trasferimento: addio Casale, due famiglie costrette a sparire. Arriva intanto Giovanni Orsi, l´altro fratello, claudicante. «Furono costretti ad assumermi per l´invalidità nell´Eco 4 dove i veri colpevoli si sono mangiati tutto, anche i miei contributi». È amareggiato. «Siete stati voi ad ucciderlo», aveva detto, entrando. «Voi chi?» l´ha interrotto Grazia Graziadei della Rai. E Giovanni Orsi: «Voi giornalisti. Un giornale ha pubblicato anche quello che non diceva ai giudici. Non è pentito e neanche camorrista, era un imprenditore». Urla ancora. «Voi e i giudici». Spuntano altre lacrime in casa, in un silenzio di dignità e assenso. L´avvocato Paolo De Stavola non abbandona gli Orsi, sceglie i toni giusti per confermare l´urgenza di una protezione, ma mitiga le accuse, «bisogna far capire chi era Michele Orsi e chi è lei, chi non vi conosce e legge deve sapere la verità», conforta Sergio, facendo entrare qualche giornalista. "Repubblica" e "Rai".
È Sergio che racconta: «Lavoravamo con il pubblico perché credevamo che fosse tutto più pulito. I rifiuti sono una tragedia: chi ci lavora diventa delinquente. Abbiamo un´impresa edile. Un solo appalto in Campania, a San Felice a Cancello, mio fratello fu minacciato e denunciò. Una minaccia è arrivata tramite suo figlio. E fu denunciata. Dovevamo pagare e abbiamo pagato». Lo interrompiamo: e le quote della Eco 4 cedute ad un prezzo molto più alto, per 9,1 milioni? «Quote ormai regalate. Mai preso soldi. Tutto sotto sequestro». Uno della famiglia, un genero, suggerisce ai giornalisti. «È sotto sequestro anche questa casa. Non hanno più niente». E i rapporti con i politici? «Li conoscevamo tutti», dice Sergio senza accusare nessuno. Pretendevano? «Posti di lavoro, ma chi non li chiede?» e un altro della famiglia s´infila: «Alti prelati hanno chiesto anche loro favori, posti di lavoro». Ma Sergio ora tace. «Volevamo andar via», si lamenta. Non hanno fatto in tempo. Il lutto è rabbia, ma anche paura in questa famiglia senza domani. Dove andranno, che faranno, li proteggeranno davvero? Non si vedono fiori e neanche amici nella casa del lutto.

 

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