Veneto-Campania-Calabria • pm sulle rotte dello smaltimento

La società del gruppo Gavioli nel mirino delle procure italiane «Società come scatole cinesi»
8 agosto 2011 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

A indagare su Enerambiente, la società del gruppo Gavioli, ci sono al momento le procure di mezz'Italia. Al lavoro a Napoli il pool di magistrati formato da Danilo De Simone, Paolo Sirleo, Ida Teresi, Maria Sepe, Giuseppe Noviello, Luigi San-tulli e Gianni Melillo. E non solo: dopo le ordinanze di custodia cautelare per i Cigliano e per l'avvocato Faggiano della vicenda si è interessata anche la prefettura di Napoli con un nuovo provvedimento che si va ad aggiungere all'interdittiva atipica della prefettura di Venezia basata sulle indagini della Dia di Padova. Il palazzo di governo napoletano, invece, si è mosso a partire dalle indagini recenti partite dalle confessioni di Salvatore Fiorito, presidente della cooperativa Davideco che per Enerambiente lavorava in subappalto, secondo gli inquierenti in maniera illegale. Dall'inchiesta napoletana e dalle intercettazioni ordinate dalla procura è nata una nuova indagine che si è sviluppata a Catanzaro. Indagate sei persone: l'assessore regionale all'ambiente della Regione Calabria, Francesco Pugliano, il commissario per l'emergenza ambientale, Graziano Melandri, un funzionano dell'ufficio, Domenico Richichi, e Stefano Gavioli, Loris Zerbin e Giovanni Faggiano di Enerambiente. Ingente il patrimonio sequestrato: 90 milioni di euro. Sigilli anche a una villa a Cortina d'Ampezzo. Il fascicolo era stato aperto a Napoli quando era stata intercettata una conversazione nella quale Pina Todaro, dirigente di Enerambiente, faceva riferimento a una gara organizzata a Catanzaro. Qualche giorno dopo Vittorio Todaro diceva a Gavioli «siamo diventati soci». L'appalto in questione era quello indetto dal Comune di Catanzaro per la scelta del socio di minoranza della società mista «Ambiente e Servizi Catanzaro spa» e all'epoca non era stato ancora aggiudicato. Le indagini hanno poi dimostrato che al gruppo Gavioli fanno capo cinquanta società, un impero dche sarebbe stato costruito con il sistema delle scatole cinesi in cui ogni impresa accumulava debiti per poi cederli a un'altra azienda e incassare i profitti. Ipotesi estremamente inquietante soprattutto se collegata a quanto emerge dall'«interdittiva antimafia atipica» della prefettura di Venezia. Gli 007 veneti sottolineano che dalle indagini della Dia di Padova sono emersi «acclarati collegamenti» tra l'amministratore delegato Giovanni Faggiano e Antonio D'Ortano, figlio di Domenico che secondo la Dia sarebbe anello di congiunzione tra il clan D'Alessandro di Castellammare di Stabia e la Sacra Corona Unita. Faggiano e D'Ortano sono stati condannati per concorso in corruzione aggravata nell'operazione «Brindisium». Non solo: la Dia ha accertato «rapporti di dubbia natura» tra Stefano Gavioli e Angelo Zito arrestato dalla Dia di Palermo con l'accusa di riciclare i soldi dei fratelli Graviano. Zito nel 2009 era stato segretario dell'assemblea straordinaria che aveva deliberato il cambiamento di nazionalità e il trasferimento dal Lussemburgo all'Italia della società Ecomanagement che deteneva le azioni di Enerambiente. Contestualmente Stefano Gavioli diventava amministratore unico. Non è finita: Gavioli è anche nel cda della Rea, la società mista pubblico privato del Comune di Rosi-gnano che smaltisce anche i rifiuti di Napoli.

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