Lo striscione dei bambini
Il fronte della protesta è un fiume in piena che scivola lento e percorre un quartiere sospeso nel limbo dei timori e delle speranze. Un solo corpo con molte anime. Chiaiano chiama e il popolo del «no» risponde. Arrivano da ogni parte di Napoli, della Campania e d’Italia per quello che in molti sentono come «l’ultimo appello». L’atmosfera è da mobilitazione generale: ma quel che più conta è che al termine di questo estenuante pomeriggio saranno smentite tutte le cassandre della prima ora, che prefiguravano pericoli inimmaginabili legati alla discesa in campo di soggetti eversivi come i Black bloc.
Così non è stato. Anche grazie a una intelligente regia studiata dagli organizzatori della manifestazione, che hanno raggiunto un accordo con le forze dell’ordine. Un accordo preciso: noi vi promettiamo una sfilata pacifica, voi in cambio arretrate, evitando al corteo di sfilare tra due ali di «divise» in assetto di guerra. Sorpresa: Chiaiano non si sveglia blindata. Prevale la ragione, nel giorno dell’ultimo appello contro l’apertura della discarica nella cava del poligono. Ad aprire il corteo è un lungo striscione sul quale campeggia la scritta «Jatevenne», sostenuto da mamme e bambini. Musica reggae sparata a tutto volume e slogan, tanti slogan: a volte gridati (e in qualche caso decisamente sopra le righe, come questo: «Berlusconi, Bossi, Fini, farete la fine di Mussolini»), a volte scanditi da dieci, cento voci. Rivive il sempreverde «No pasaran», mai tanto azzeccato se - come in questo caso - vuole essere un monito ai camion carichi di «monnezza» che il governo sembra deciso a spedire qui, a due passi da una selva e dai rinomati ciliegi. «As-sa-ssi-ni, as-sa-ssi-ni», urlano i ragazzi dei centri sociali. Più composto e silenzioso il folto drappello del comitato «No Dal Molin» giunto a prima mattina da Vicenza. Ci sono ragazzi, uomini, donne e pensionati. Tutti solidali con i residenti di Chiaiano. È una protesta bipartisan, quella del popolo che sembra voler opporre il proprio «no» a tutto e tutti: non fa sconti a nessuno, se la prende con Bossi e la lega Nord, con il presidente del Consiglio, con Guido Bertolaso (oggi sottosegretario all’emergenza rifiuti), ma anche con la classe dirigente cittadina e regionale, Iervolino e Bassolino in primis. La camorra, almeno per oggi, ha deciso di restarsene a casa; l’unica presenza sospetta è quella di un gruppetto di «guaglioni» in sella ad alcuni motorini che ronzano intorno alla testa del corteo prima che inizi a sfilare. Mandati, forse, in avanscoperta per fiutare l’aria e capire quel che sarebbe successo. Altri «no»: sfilano gli striscioni «No Tav», «No Tir», e persino quello che inneggia ai magistrati che invocano l’incostituzionalità del decreto che istituisce la «superprocura regionale». Ci sono pure tre «amici di Beppe Grillo», sorridenti e in verità poco arrabbiati, almeno a giudicare dall’espressione del viso. Alle 19 il corteo si scioglie. Chiaiano, almeno per oggi, ha vinto.