A giorni la sentenza Spartacus e la cosca lancia messaggi

2 giugno 2008 - r.cap.
Fonte: Il Mattino

Casal di Principe. Un caso, solo un caso. Ma da quando è iniziata la guerra allo Stato la statua del papa, quella che dava il benvenuto a chi arrivava a Casale, non c’è più. Giovanni Paolo II in manutenzione, al suo posto il moncherino del basamento, dove resiste la scritta con la benedizione a tutti i casalesi. Solo quella, perché l’abbraccio di pace, in questi giorni di lutto, era fuori luogo. È solo un segno, uno dei tanti piccoli simboli di questi giorni listati a lutto. Come le date, il susseguirsi di 9 negli allarmi per le autobombe al tribunale di Santa Maria Capua Vetere: 9, 19, 29 del mese di maggio, con il 9 giugno che invece è il giorno della camera di consiglio dei giudici di appello del processo Spartacus. Come le vittime, simboli di svolte importanti che potrebbero (che avrebbero potuto, nel caso di Michele Orsi) svelare segreti compromettenti e alleanze diaboliche, sinora solo intuite. Come le analogie con la stagione siciliana del terrore, con l’approssimarsi della sentenza che potrebbe segnare la fine dei vecchi capi dei Casalesi - ricordate il maxiprocesso di Palermo? e la sentenza della Cassazione che chiuse il mese di gennaio del 1992 - e la nascita di un clan rinnovato, negli uomini e nelle strategie. Analogia che non è sfuggita a Roberto Saviano: «Orsi è il Salvo Lima della camorra, un imprenditore dei rifiuti che aveva sempre fatto affari, vinto appalti, uno che era in grado di illuminare anche i rapporti fra camorra e politica nazionale. La sua morte è un messaggio, anche alla politica». Politica che compare negli atti d’indagine che un anno fa portarono all’arresto dell’imprenditore e nelle dichiarazioni che rese alla Dda di Napoli subito dopo, quelle che hanno consentito di decapitare il consorzio Ce4 e di imputare il presidente Giuseppe Valente, l’allora sindaco di Mondragone Ugo Conte e anche il deputato Mario Landolfi. Lima fu il primo a pagare dopo la sentenza definitiva su Cosa Nostra, e poi vennero le bombe di Capaci e via D’Amelio. Aggiunge l’autore di «Gomorra»: «La camorra teme la visibilità e sta scatenando l’offensiva alla vigilia dell’appello del processo Spartacus, un processo la cui importanza è paragonabile solo a quella del maxi-processo di Palermo. Guai, quindi se l’attenzione nazionale dovesse calare». Segni, simboli, sangue. Dura da due mesi e mezzo, da quando il processo Spartacus - il troncone degli omicidi e degli ergastoli a Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti, Antonio Iovine e Michele Zagaria - è arrivato al giro di boa. Dura dal 13 marzo, quando fu letta in aula, in Corte di Assise di appello, l’inquietante istanza di legittima suspicione firmata da Francesco Bidognetti (capo detenuto, e con due pentiti importanti nella sua famiglia), e Antonio Iovine (il capo latitante da dodici anni e mezzo). Il 23 aprile l’appello pubblico di Anna Carrino, per un quarto di secolo compagna di Francesco Bidognetti e poi pentita: «Lo Stato vincerà, pentitevi». Una settimana, il 2 maggio, a Castelvolturno, l’omicidio di Umberto Bidognetti, padre di Domenico, da settembre collaboratore di giustizia. L’8 maggio l’allarme per un progetto di attentato, programmato per il giorno successivo, al Tribunale di Santa Maria, allarme che si ripeterà il 19 e il 29. Il 13 maggio l’attentato incendiario contro la fabbrica di materassi di Pietro Russo, presidente dell’associazione antiracket di Santa Maria Capua Vetere: aveva denunciato e fatto arrestare e condannare alcuni esponenti del clan. Il 16 maggio a Castelvolturno, l’omicidio di Domenico Noviello: nel 2001 aveva fatto arrestare e condannare estorsori della fazione bidognettiana del clan dei Casalesi. Venerdì sera il ferimento di Francesca Carrino, nipote della donna di Bidognetti, e il tentato omicidio della madre Maria. Poi l’omicidio di Michele Orsi. È l’ala bidognettiana del clan a sparare. Due gruppi paralleli, ciascuno con diverse aree di influenza, composti da latitanti - come Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, i cugini Letizia, Emilio Di Caterino, i Vargas - che stanno vendicando l’onore di famiglia, macchiato dai pentimenti di Domenico Bidognetti e Anna Carrino. Una dimostrazione di fedeltà, spiegano fonti investigative, che Francesco Bidognetti ha voluto offrire agli alleati, offrendosi di assecondare, per conto di tutti, le istanze stragiste che da tempo vengono sollecitate dalle carceri, eseguendo gli omicidi dei «nemici» contenuti in una sorta di lista nera. Un salto di qualità spiega il coordinatore della Dda Franco Roberti, senza precedenti, dimostrato dall’omicidio di Michele Orsi. «Gli omicidi eseguiti dai Casalesi negli ultimi tempi - spiega Roberti - sono tutti molto gravi ma, se è possibile fare una graduatoria, si può affermare che quello avvenuto oggi è di una gravità inaudita. Orsi stava offrendo una collaborazione importante agli inquirenti anche se non si può definire un pentito in senso tecnico. Era un imprenditore che con le sue ammissioni e le sue rivelazioni stava dando un contributo forte». Contributo che non si era ancora esaurito. «Adesso più che mai - ha aggiunto il magistrato - diventa importantissima la cattura dei latitanti, come Zagaria, Iovine e altri, che stanno sparando. Abbiamo bisogno di più uomini e più mezzi. Confidiamo in un sostegno da parte del Capo dello Stato».

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