I termovalorizzatori lombardi producono ogni anno 500mila tonnellate di ceneri tossiche

In Campania si brucia di più

Secondo I'Ispra la regione è la terza in Italia per capacità di incenerimento. Oggi in Veneto si negano nuove autorizzazioni. Mentre sotto il Vesuvio si propone la costruzione ci altri tre camini. Ecco perché l'emergenza monnezza non c'entra niente con la mancanza di impianti
29 luglio 2011 - Anna Fava
Fonte: Left

No inceneritore? No party. Dall'eurodeputato della Lega Nord Matteo Salvini alla parlamentare campana in quota Pdl Nunzia Di Girolamo, il verdetto è quasi unanime: il no all'inceneritore di Napoli Est pronunciato fermamente dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris è uno scandaloso capriccio ideologico. Per uscire dall'emergenza rifiuti la città di Napoli non ha bisogno di soluzioni astratte come l'estensione della raccolta differenziata "porta a porta", il riciclo, il compostaggio o addirittura politiche di riduzione e prevenzione del rifiuto. Servono interventi concreti come la costruzione di nuovi impianti di incenerimento, la vera carenza strutturale della Campania. Una litania così diffusa da essere ormai entrata nella testa di tutti gli italiani. Anche se i dati ufficiali dicono il contrario.
La Campania è la terza ragione in Italia per capacità di incenerimento: a sostenerlo è la struttura dell'ex Sottosegretario di Stato Guido Bertolaso nella "Prima relazione sullo Stato di attuazione della legge 123/2008". In cui si affermava orgogliosamente che «con l'avvio del solo terniovalorizzatore di Acerra la Regione Campania, che sino al 2007 era a livello 0, dal 2009 ambisce a raggiungere il secondo posto con il 13,18 per cento di rifiuti trattati mediante incenerimento, subito dopo la Lombardia e l'Emilia Romagna». Per mostrare anche ai più scettici i risultati raggiunti, a quest'affermazione seguiva immediatamente una chiarissima tabella in cui trionfava al terzo posto, in sgargiante colore rosso, una cifra imponente: 600mila tonnellate, la portata effettiva del gigantesco impianto di Acerra in esercizio dal 2009. Un camino talmente grande da battere quelli dell'intera regione Toscana che messi insieme raggiungevano una  capacità di incenerimento di circa 240mila tonnellate: meno della metà della sola Acerra. Mentre il Veneto risultava al 'sesto posto nella hit parade delle regioni dedite a bruciare la munnezza: "solo" 18Omila tonnellate di rifiuti all'anno, 400mila in meno della tanto vitupertata Campania, a fronte di una produzione di rifiuti molto simile: 2 milioni e 500mila tonnellate di rifiuti contro circa 2,7 milioni prodotti dai campani. I dati elaborati dalla struttura del Sottosegretario provengono dal rapporto annuale Ispra, l'Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale che ogni anno pubblica una relazione di migliaia di pagine sui rifiuti: un'accurata radiografia che illustra, regione per regione, tutti i dati relativi alla produzione e alla gestione degli scarti italiani.
Dal rapporto 2011 sui rifiuti urbani si legge che la capacità di incenerimento di molte regioni è aumentata, ma la classifica resta sostanzialmente invariata. La Lombardia troneggia al primo posto con una produzione annua di quasi 5 milioni di tonnellate di rifiuti di cui il 43 per cento viene mandato a incenerimento, ben 2 milioni e 400mila tonnellate di rifiuti. Una mole gigantesca di cui il 21 per cento viene trasformato in rifiuti speciali e pericolosi: nei camini entrano rifiuti urbani ed escono rifiuti tossici. Gli inceneritori della Lombardia producono circa 500mila tonnellate all'anno di ceneri, scorie e fanghi contenenti sostanze cancerogene come diossine, furani e metalli pesanti. Una quantità equivalente alla produzione annuale di rifiuti urbani dell'intera metropoli di Napoli. «Gli impianti di incenerimento - ha scritto l'oncoematologa Patrizia Gentilini dei Medici per l'Ambiente - rientrano fra le industrie insalubri di prima classe. Qualunque sia la tipologia adottata e qualunque sia il materiale destinato alla combustione (rifiuti urbani, tossici, ospedalieri, industriali, ecc) danno origine a diverse migliaia di sostanze inquinanti, di cui solo il 10-20% è conosciuto».
Ma non sono solo i medici a nutrire forti dubbi sull'incenerimento dei rifiuti: l'ultimo rapporto dell'Arpav, l'Agenzia regionale di prevenzione e protezione ambientale del Veneto, ha mostrato chiaramente che di nuovi inceneritori non c'è bisogno: con una media regionale di raccolta differenziata che raggiunge il 58,3 per cento - con il 72 nella provincia di Treviso, dove ha sede il centro riciclo Vedelago in grado di riciclare il 99 per cento dei rifiuti urbani - i nuovi inceneritori non sono soltanto inutili, ma anche dannosi. Mentre il conferimento in discarica è diminuito del 27,3 per cento, la quota di rifiuti destinati all'incenerimento è aumentata, soprattutto a causa dell'apertura di nuove linee: a Padova è entrata in funzione la terza linea del termovalorizzatore (e qualcosa dovrà pur bruciare, anche sottraendo materiali alla filiera del riciclo). L'assessore all'ambiente del Veneto, Maurizio Conte, ha dichiarato recentemente che non rilascerà più autorizzazioni per l'apertura di altri inceneritori. Eppure il Veneto non brucia molto rispetto alla Campania: il rapporto Ispra 2011 mostra che nel 2009 la capacità di incenerimento del Veneto si attestava a una quota effettiva di circa 200mila tonnellate, mentre avrebbe l'autorizzazione per bruciarne 445mila all'anno.
Gli stessi dati mostrano che nel 2009 la quantità di rifiuti effettivamente bruciati in Campania è stata di 240mila tonnellate, a fronte di una capacità di incenerimento annuo di 600mila tonnellate, una quota che sarà quasi raggiunta per intero entro la fine del 2011. Anche in Campania i rifiuti bruciati non scompaiono: delle 240mila tonnellate bruciate nel 2009 circa 50mila tonnellate sono diventate ceneri e scorie, senza considerare le emissioni di sostanze in atmosfera. Porre un freno agli inceneritori e perseguire l'obiettivo europeo di una "società del riciclo" è indubbiamente una scelta importante: perché viene tacciata di ideologia se a farlo è la città di Napoli? Paradossalmente a suggerire la costruzione di altri impianti è la stessa Regione Campania: non contenta dell'attuale terzo posto in Italia per capacità di incenerimento, la Regione ha proposto un piano per la gestione dei rifiuti urbani che consentirà di superare l'Emilia Romagna, che oggi detiene il secondo posto con una capacità autorizzata di lmilione di tonnellate e una quantità effettiva di 8 74mila tonnellate di rifiuti bruciati. Lo scenario ipotizzato dal piano campano (che al momento è in fase di Valutazione ambientale strategica e sta accogliendo le osservazioni di comitati e associazioni) prevede la realizzazione di nuovi impianti di incenerimento, tra cui quello di Napoli Est, con una potenza di fuoco totale di circa lmilione e 400mila tonnellate: il 51 per cento dei rifiuti prodotti in Campania verrebbero inceneriti per i prossimi 30 anni, infliggendo una sconfitta schiacciante all'Emilia Romagna. Il rischio è che, alla fine, a perdere questa gara siano proprio i cittadini.

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