Operazione Resit, bonifica choc «Sono avvelenati 14 pozzi su 15»
Non sono più ipotesi, nè tesi di parte, nè chiacchiere da ambientalisti. Ormai è una certezza: i pozzi accanto alla Resit sono avvelenati. Su 15 cavità quattordici hanno rivelato acque contenenti sostante nocive o addirittura cancerogene in tre ce ne erano quantità dieci volte superiori alla norma. Risultati che hanno spinto il commissario alle bonifiche Mario De Biase a sigillare le falde acquifere e ad estendere la ricerca all'intera area delle discariche a nord di Napoli fino ai laghetti di Castelvolturno. Una zona molto vasta che comprende anche i siti di Masseria del Pozzo, San Giuseppiello, Novambiente e cava Giuliani gestita dalla Abe dove sono stati individuati ben 170 pozzi che servono a irrigare coltivazioni fertilissime i cui prodotti (frutta e ortaggi soprattutto) finiscono sulle tavole di molte italiani. I produttori, infatti, vendono anche alle aziende che produconi cibi surgelati. A questo punto i lavori concertati con la Sogesid e con l'assessore all'ambiente della Regione Campania, Giovanni Romano, procedono lungo due direttrici: mentre si andrà avanti con le verifiche delle acque, si comincerà la bonifica delle cave X e Z, gestite per quasi venti anni dalla Resit di Cipriano Chianese, l'avvocato ritenuto dai Pm della Dda uomo dei casalesi. I lavori andranno avanti per novanta giorni e cominceranno con il prelievo del percolato. In totale, secondo De Biase, bisognerà portarne via 23 mila tonnellate. Una quantità enorme che richiederà una spesa di 50 milioni di euro. Subito dopo aver estratto il percolato bisognerà coprire la discarica con teli impermeabili in maniera da evitare ulteriori infiltrazioni a causa delle piogge. Contemporaneamente bisognerà andare avanti con le verifiche nelle zone adiacenti. E non sarà facile. I terreni sono stati infatti sequestrati dalla procura essendo oggetto di indagine. L'accesso al sito Resit è stato concesso perché l'inchiesta sull'area è stata conclusa. Per gli altri sversatoi, quelli gestiti dalla Fibe e dal manager pentito Gaetano Vassallo, sono ancora in corso gli accertamenti della procura e quindi è stato necessario reiterare la richiesta di accesso. Non solo: tutti i lavori sono stati eseguiti in danno. I vecchi proprietari ai quali il commissario aveva intimato di bonificare le aree non hanno ritenuto opportuno intervenire. In particolare Cipriano Chianese (con Maria Vincenza Chianese e Maria Vincenza Magliulo) ha sostenuto che «non corrisponde al vero che i titolari delle attività operative sul sito di discarica di località Scafarea abbiamo omesso qualsivoglia attività di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica dell'area di propria pertinenza ricompresa nel sito». Non solo. Secondo i legali di Chianese, Giuseppe Stellato e Giovanni Nacca «le attività di abbancamento nelle aree in oggetto sono sempre state svolte nel pieno rispetto delle normative di settore al momento vigenti e degli specifici provvedimenti amministrativi adottati dalle autorità competenti». Non si capisce allora perché i pozzi risultino avvelenati. Di più: le attività di De frase sono state sollecitate dalla procura che lo scorso anno ha inviato al commissario la perizia di parte del geologo Giovanni Balestri nella quale si sosteneva che «Il ritrovamento in falda di sostanze cancerogene quali il tricloro e il tetracloro etilene direttamente e unicamente riconducibili alle attività delle discariche Resit in località Scafarea e alla tipologia dei rifiuti in essa smaltiti... comporta l'avvelenamento della falda acquifera sottostante gli impianti». Secondo Balestri entro il 2064 è prevedibile un «disastro ambientale». Ma i dati non hanno scoraggiato nemmeno la Fibe che ha gestito cava Giuliani e le piazzole dove sono state depositate le balle: la società del gruppo Impregilo si è opposta all'intervento ricorrendo al tar. Ma la bonifica va avanti. Sottolinea De Biase: «Sono interventi necessari: bisogna assolutamente chiarire in maniera scientifica se le acque, la terra e i prodotti di quell'area sono avvelenati». Se i risultati confermeranno quelli delle prime analisi bisognerà cancellare le coltivazioni attuali. Si pensa di destinare la zona a produzioni no food. «Finalmente per Giugliano sono in corso i fatti, ossia le attività necessarie e concrete per il risanamento ambientale dell'area Resit - sottolinea l'assessore regionale, Giovanni Romano - Un obiettivo che come assessorato all'Ambiente ci siamo posti fin dal nostro arrivo, sbloccando le risorse necessarie pari a circa 50 milioni di euro»