Alleanza criminale dietro le ditte scattano i controlli dell'Antimafia

Indagine Asia, l'ombra dei clan siciliani e della camorra sugli appalti Enerambiente
23 luglio 2011 - Daniela De Cn3scenzo
Fonte: Il Mattino

Due amministratori delegati segnalati per sospetti rapporti con la Sacra Corona Unita e con la mafia: è questo il pedigree della Enerambiente, così come viene disegnato già nell'ottobre 2010 nell'interdittiva antimafia atipica rilasciata dalla prefettura di Venezia. L'inchiesta attuale, quella della quale si occupa i1 pool di magistrati formato da Danilo De Simone, Paolo Sirleo, Ida Teresi, Maria Sepe, Giuseppe Noviello, Luigi Santulli e Gianni Melillo, punta a identificare i possibili corrotti, cioè i politici e i funzionari ai quali sarebbero finite attraverso Enerambiente le mazzette versare dal presidente della cooperativa Davideco, Salvatore Fiorillo. Tuttavia dall'ordinanza firmata dal Gip laselli, risultano molti e inquietanti rapporti tra i protagonisti della vicenda e i clan. Un groviglio apparentemente difficile da districare: se guardato con occhio attento, però, l'intreccio delle società rivela una trama che non pub essere ignorata. Ai vertici di Enerambiente, fino al giugno del 2010 resta l'avvocato Giovanni Faggiano. E questo anche se, lo ha sottolineato nel corso delle indagini il responsabile controlli dell'azienda veneta, Enrico Prandin, già nel 2006 era emerso un legame con la famiglia D'Oriano. Legami di cui si occupa la prefettura di Venezia nella propria interdittiva facendo riferimento a indagini della Dia di Padova. «Dalle risultanze investigative della Dia - centro operativo di Padova, risultano acclarati collegamenti esistenti tra Giovanni Faggiano e Antonio D'Oriano, figlio di Domenico, indicato dalle informazioni della Dia di Padova quale anello di congiunzione tra il clan D'Alessandro e la Sacra Corona Unita, ecugino di D'Oriano Vincenzo, ritenuto fiancheggiatore del me-desino clan D'Alessandro operante nel Comune di Castellammare di Stabia», scrive il palazzo di governo veneziano. E aggiunge che Faggiano e D'Oriano sono stati condannati per il reato di concorso in corruzione aggravata nel corso dell'operazione L'ordinanza Amicizie sospette tra Faggiano e alcuni esponenti legati alla criminalità «Brindisium». Nell'inchiesta napoletana poi Prandin conferma: Faggiano a Brindisi era stato legale di una società che faceva capo ai D'Oriano. E non solo. Il manager ha spiegato ai magistrati napoletani che nel 2006 Enerambiente, proprio tramite il Faggiano, aveva stipulato un accordo con una società che aveva come amministratore delegato la moglie di uno dei D'Oriano. La società seppe poi da Paolo Bellamio, amministratore unico del Napoi Calcio nel periodo di Corbelli, che i D'Oriano erano legati alla Sacra Corona unita e ai clan napoletani per cui il rapporto contrattuale cessò nel 2007, ma Faggiano restò uomo di fiducia del gruppo fino al 2010 quando amministratore unico della società veneta diventò Stefano Ga-violi, ex socio di Manlio Cerroni (quello che gestisce la discarica di Malagrotta a Roma). A spingere in direzione del cambiamento, non furono, però i rapporti tra Faggiano e D'Orlano, ma, racconta Prandin, la gestione sospetta dei conti napoletani. Non è finita. Secondo la Dia di Padova citata nell'interdittiva della prefettura veneziana, lo stesso Gavioli avrebbe avuto rapporti sospetti. E in questo caso alla ribalta salgono i fratelli Graviano che negli anni Novanta furono a capo del clan che dominava il quartiere palermitano di Bran-caccio: sono ritenuti responsabili *** dell'uccisione di padre Pino Puglisi e coinvolti negli attentati che costarono la vita a Falcone e Borsellino e nella cosiddetta «stagione delle stragi» dei primi anni Novanta. Secondo la Dia di Padova «Sono stati accertati rapporti di dubbia natura tra Stefano Gavioli e Angelo Zito, soggetto legato al crimine organizzato, condannato per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso dal tribunale di Palermo con l'accusa di riciclaggio del denaro di pertinenza del clan mafioso riconducibile ai fratelli Graviano». Un episodio, in particolare, focalizza l'attenzione della Dia: Zito viene nominato da Gavioli segretario dell'assemblea con la quale si stabilisce contestualmente il cambiamento di sede dal Lussemburgo a Venezia della Economanagment spa, società che detiene la maggioranza delle azioni di Enerambiente, e la nomina ad amministratore unico di Stefano Gavioli. A Napoli la società di Gavioli gestita da Faggiano subappalta lavoro alla cooperativa San Marco successivamente fulminata da un'interdittiva antimafia. La società era in un primo momento amministrata da Salvatore Lezzi, assolto dalle imputazioni di estorsione e associazione a delinquere. Tuttavia nei verbali del gruppo ispettivo antimafia e nella successiva inter-dittiva si conferma che Lezzi e i suoi soci sarebbero stati collettori delle tangenti pagate dai disoccupati alla malavita. Nell'ordinanza del gip laselli si conferma il filo di continui-ta tra la San Marco e la Davideco subentrata nell'appalto dopo il provvedimento della prefettura di Napoli. A gestire la raccolta della monnezza nel centro di Napoli per conto di Asìa, c'era, dunque, una bella compagnia. Una compagnia che si è sciolta solo nel 2010 quando la partecipata del Comune, dopo una serie di cambi ai vertici, ha deciso di rompere l'appalto con Enerambiente. La conseguenza: raid vandalici e camion bruciati. Ma la società veneta continua a lavorare in Toscana e in Calabria

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