"Era il Salvo Lima della Campania conosceva i rapporti tra cosche e potere"
2 giugno 2008 - Giovanni Marino
Fonte: La Repubblica
«Hanno ucciso il Salvo Lima dei casertani. Soltanto che "questo" Salvo Lima si era deciso a parlare, a denunciare tutte le trame che legano la politica alla camorra, passando per il grande affare dei rifiuti. Ecco perché in queste ore sono profondamente scosso: per noi è un fatto di una gravità inaudita, così si è persa una formidabile opportunità di colpire le cosche. Le sue parole avrebbero dato fastidio a molti. In troppi avevano interesse a farlo fuori. Camorra, rifiuti e politica: lui sapeva, ma ora non potrà più parlare».
Franco Roberti, il capo del pool anticamorra di Napoli, non nasconde tutta la sua profonda amarezza.
Si è appena chiuso un maggio rosso sangue in provincia di Caserta e il primo giorno di giugno sembra segnare una terrificante continuità. Un elenco impressionante. Il 2 maggio un uomo anziano, Umberto Bidognetti, è stato assassinato a Castelvolturno. La sua "colpa"? Era il padre del pentito Domenico. Il 16 è toccato a un imprenditore coraggio: Domenico Noviello, testimone di giustizia che nel 2001 aveva fatto arrestare gli uomini del racket. I sicari hanno avuto gioco facile: non c´è mai stata una scorta a proteggerlo. Lo hanno inseguito e massacrato a Castelvolturno. Nella notte tra venerdì 30 e sabato 31 killer travestiti da agenti della Dia sono arrivati con un´auto con lampeggiante davanti alla casa di Villaricca dove vivono la sorella e la nipote della donna-boss ora pentita Anna Carrino, l´ex compagna del padrino irriducibile Francesco Bidognetti. Hanno sparato 12 colpi: Francesca, una ragazza di 25 anni, è ricoverata in ospedale, un proiettile le ha bucato lo stomaco ed è uscito dalla schiena ma forse si salverà. Poche ore fa è toccato a Michele Orsi, 47 anni, a Casal di Principe.
Procuratore Roberti, è la strage dei testimoni e dei pentiti.
«I Casalesi conducono una campagna anti-pentiti. Con questi omicidi vogliono vendicare le vecchie collaborazioni e fermare le nuove. Chi parla, per loro, è un autentico pericolo perché ci consente di condurre indagini vincenti come dimostrano i processi nati dal filone chiamato "Spartacus" e anche recenti blitz. Inoltre, chi parla, ci svela quali sono i tesori dei boss, ci consente di impoverire la camorra. Da qui la reazione dell´ala legata a Bidognetti e Schiavone, Iovine e Zagaria, feroce e crudele. Attaccano chi è inerme, non esitano a eliminare pure vecchi e donne».
Ma lo Stato cosa fa per proteggere chi denuncia? Perché Orsi era solo? Perché Noviello era solo? Perché i loro familiari restano nei luoghi infestati dal potere camorrista?
«Orsi non era sotto programma di protezione, vero. Quando spararono contro la sua casa, segnalammo subito la situazione di pericolo agli organi preposti chiedendo adeguate misure tutorie ma lui non aveva ancora chiesto di entrare in un programma di protezione che comportasse il suo allontanamento dal territorio casertano. È vero anche che aveva recentemente manifestato l´intenzione di andarsene. Perché lasciare il luogo dove si vive è la prima condizione per garantire sicurezza. Le altre misure minori, siamo sinceri, servono a poco. E non possiamo costringere la gente ad andare via e ad essere protetta. Voglio essere chiaro: per tutte le persone che noi consideriamo a rischio è stata sempre chiesta la protezione ma non tutti hanno accettato il programma».
Non si poteva fare di più?
«È scontato, ma al contempo giusto affermare che si poteva fare di più. Le misure di protezione sono decise nelle prefetture durante i comitati per l´ordine e la sicurezza. Lì si valuta se esistono elementi di rischio per cui occorre proteggere o mantenere la protezione del testimone».
Il caso Noviello, però, dovrebbe insegnare qualcosa: mai dimenticato dai sicari, "inesistente" per lo Stato. L´imprenditore coraggio sapeva che "loro" sarebbero tornati, si era armato e andava al poligono di tiro. Ma nessuno lo ha protetto.
«Sono umanamente molto toccato da quanto è accaduto a quell´uomo. Però anche qui, mi è stato riferito che non esistevano episodi di allarme recenti. Certo, oggi si può dire che è stato commesso un errore, che i killer a distanza di anni lo attendevano al varco. Purtroppo non è possibile proteggere tutti, i mezzi sono limitati e le scelte sempre molto difficili».
C´è bisogno di investire di più nell´anticamorra?
«Confidiamo nel presidente Napolitano».
È un appello al Capo dello Stato?
«Chiediamo più uomini e mezzi, anche per tutelare al meglio chi si espone, per fare di più. Il Capo dello Stato ha già manifestato grande attenzione su questo tema e noi contiamo molto di lui».
Si è appena chiuso un maggio rosso sangue in provincia di Caserta e il primo giorno di giugno sembra segnare una terrificante continuità. Un elenco impressionante. Il 2 maggio un uomo anziano, Umberto Bidognetti, è stato assassinato a Castelvolturno. La sua "colpa"? Era il padre del pentito Domenico. Il 16 è toccato a un imprenditore coraggio: Domenico Noviello, testimone di giustizia che nel 2001 aveva fatto arrestare gli uomini del racket. I sicari hanno avuto gioco facile: non c´è mai stata una scorta a proteggerlo. Lo hanno inseguito e massacrato a Castelvolturno. Nella notte tra venerdì 30 e sabato 31 killer travestiti da agenti della Dia sono arrivati con un´auto con lampeggiante davanti alla casa di Villaricca dove vivono la sorella e la nipote della donna-boss ora pentita Anna Carrino, l´ex compagna del padrino irriducibile Francesco Bidognetti. Hanno sparato 12 colpi: Francesca, una ragazza di 25 anni, è ricoverata in ospedale, un proiettile le ha bucato lo stomaco ed è uscito dalla schiena ma forse si salverà. Poche ore fa è toccato a Michele Orsi, 47 anni, a Casal di Principe.
Procuratore Roberti, è la strage dei testimoni e dei pentiti.
«I Casalesi conducono una campagna anti-pentiti. Con questi omicidi vogliono vendicare le vecchie collaborazioni e fermare le nuove. Chi parla, per loro, è un autentico pericolo perché ci consente di condurre indagini vincenti come dimostrano i processi nati dal filone chiamato "Spartacus" e anche recenti blitz. Inoltre, chi parla, ci svela quali sono i tesori dei boss, ci consente di impoverire la camorra. Da qui la reazione dell´ala legata a Bidognetti e Schiavone, Iovine e Zagaria, feroce e crudele. Attaccano chi è inerme, non esitano a eliminare pure vecchi e donne».
Ma lo Stato cosa fa per proteggere chi denuncia? Perché Orsi era solo? Perché Noviello era solo? Perché i loro familiari restano nei luoghi infestati dal potere camorrista?
«Orsi non era sotto programma di protezione, vero. Quando spararono contro la sua casa, segnalammo subito la situazione di pericolo agli organi preposti chiedendo adeguate misure tutorie ma lui non aveva ancora chiesto di entrare in un programma di protezione che comportasse il suo allontanamento dal territorio casertano. È vero anche che aveva recentemente manifestato l´intenzione di andarsene. Perché lasciare il luogo dove si vive è la prima condizione per garantire sicurezza. Le altre misure minori, siamo sinceri, servono a poco. E non possiamo costringere la gente ad andare via e ad essere protetta. Voglio essere chiaro: per tutte le persone che noi consideriamo a rischio è stata sempre chiesta la protezione ma non tutti hanno accettato il programma».
Non si poteva fare di più?
«È scontato, ma al contempo giusto affermare che si poteva fare di più. Le misure di protezione sono decise nelle prefetture durante i comitati per l´ordine e la sicurezza. Lì si valuta se esistono elementi di rischio per cui occorre proteggere o mantenere la protezione del testimone».
Il caso Noviello, però, dovrebbe insegnare qualcosa: mai dimenticato dai sicari, "inesistente" per lo Stato. L´imprenditore coraggio sapeva che "loro" sarebbero tornati, si era armato e andava al poligono di tiro. Ma nessuno lo ha protetto.
«Sono umanamente molto toccato da quanto è accaduto a quell´uomo. Però anche qui, mi è stato riferito che non esistevano episodi di allarme recenti. Certo, oggi si può dire che è stato commesso un errore, che i killer a distanza di anni lo attendevano al varco. Purtroppo non è possibile proteggere tutti, i mezzi sono limitati e le scelte sempre molto difficili».
C´è bisogno di investire di più nell´anticamorra?
«Confidiamo nel presidente Napolitano».
È un appello al Capo dello Stato?
«Chiediamo più uomini e mezzi, anche per tutelare al meglio chi si espone, per fare di più. Il Capo dello Stato ha già manifestato grande attenzione su questo tema e noi contiamo molto di lui».