Fazio: «È solo un collage di dati ma senza impianti rischi elevati»
Oltre la polemica, il ministro fa subito due distingo. Dossier non vuol dire studio. Aumento non vuol dire allarme. Ma attenti - avverte il ministro della Salute Ferruccio Fazio - perché i rischi vanno prevenuti e combattuti. Ministro, il dossier anticipato dal Mattino, stabilisce che nel perimetro di tre chilometri dalle discariche, in un'area tra Napoli nord e Caserta, i casi di tumori sono quasi il doppio della media. «Non c'è un nuovo studio, ma un semplice dossier che è altra cosa rispetto a una pubblicazione scientifica. Per quanto riguarda i dati epidemiologici riportati nel dossier, gli autori citano uno studio condotto da ISS, OMS e CNR già pubblicato dal 2009 che ha mostrato una correlazione unicamente tra mortalità per tumori e tra prevalenza di malformazioni e i siti di abbandono di rifiuti industriali pericolosi. Nello studio, gli aumenti registrati in queste aree non sono doppi della media, ma solo di alcuni punti percentuali e rispetto al valore atteso, quindi tutt'altro che allarmanti. Alle popolazioni residenti in quelle aree si può dire innanzitutto di non bruciare i rifiuti, di osservare la raccolta differenziata e anche di accettare gli impianti di smaltimento, che se costruiti a norma, sono l'unica garanzia per minimizzare l'impatto ambientale e sanitario dei rifiuti. Perché non ritiene attendibile questo studio? C’è anche quello Sebiorec (Istituto superiore di Sanità) a cui si può far riferimento? «Innanzitutto dobbiamo considerare che si tratta di due studi di natura diversa: quello pubblicato su Cancer Biology and Therapy non è uno studio originale, bensì una rassegna di ricerche scientifiche e di articoli meno qualificati come ad esempio quello del cosiddetto ”triangolo della morte”, nozione estranea al linguaggio scientifico accreditato. Sebiorec è invece un biomonitoraggio umano. Attraverso questo studio è stata valutata la quantità di diossina e altri inquinanti persistenti nel latte materno e nel sangue di persone residenti in zone limitrofe ad aree vicine a discariche più o meno abusive. I risultati hanno mostrato che i livelli di queste sostanze confrontati con quelli di persone residenti in luoghi non a rischio erano del tutto simili». Ma nella zona della Campania presa in esame fa fatica a decollare il registro tumori. «Il registro tumori è uno strumento essenziale per l'effettuazione di studi che abbiano una validità scientifica e per condurre indagini sull’incidenza dei tumori fondate e attendibili. Napoli e Salerno hanno già un registro tumori che funziona, andrebbe solo esteso. L'Istituto superiore di Sanità, infatti, ha pubblicato recentemente una ricerca condotta insieme al Direttore del registro Tumori della Asl Napoli 4 nel cui territorio si trovano proprio Acerra, Marigliano e complessivamente 19 Comuni del sito di bonifica di interesse nazionale agro-aversano che ha esaminato tutti i dati di incidenza tumorale dal 1998 al 2005. È certamente opportuno attivare un registro tumori anche nella provincia di Caserta, purché questo venga fatto utilizzando la metodologia accreditata dell'Associazione Italiana Registri Tumori. In generale, la costruzione di un Registro è una costruzione complessa che richiede diverse risorse di natura differente: fino ad oggi uno degli ostacoli è stato rappresentato anche dalla messa a punto di una metodologia standardizzata e validata da tutta la comunità scientifica». Durante la sua visita a Napoli nei giorni scorsi ha escluso il rischio epidemie legate all'emergenza, pur mantenendo alta sorveglianza sui roghi e le diossine. Esiste un monitoraggio costante della situazione? «Ho detto che non esiste il rischio che dai rifiuti si possano diffondere epidemie, tanto meno epidemie di colera, come ho sentito dire in questi giorni. I cumuli di spazzatura favoriscono la presenza di topi, blatte e scarafaggi che possono trasmettere infezioni. I roghi generano diossine che possono provocare irritazioni respiratorie. Ovviamente, i cumuli di rifiuti sono una minaccia al benessere e alla qualità della vita e vanno rimossi al più presto. Ma da questo a diffondere allarmi sanitari ingiustificati ce ne corre e raccomando a tutti, soprattutto agli esperti, di non generare inutili allarmismi». Nei giorni scorsi è stato segnalato a Napoli un caso di tifo murino, patologia di cui era persa traccia da decenni. «Non si può stabilire una correlazione diretta tra un caso di tifo murino sporadico e l'emergenza rifiuti. Casi di infezioni come il tifo murino o la leptospirosi possono verificarsi anche in situazioni di ”normalità” ambientale. Nel caso specifico, i responsabili sanitari di Napoli non hanno rilevato una relazione tra il tifo murino e l'emergenza rifiuti e non ho motivo per dubitarne. Dall'indagine effettuata dalla Asl è emerso che il paziente, già dimesso il 21 giugno scorso dall'ospedale, aveva recentemente ristrutturato casa notando la presenza di ratti e di loro escrementi nell'alloggio. Il tifo murino è causato da un agente infettivo che si chiama Rickettsie che è veicolato anche da pulci, zecche e pidocchi: di questi tipi di infezioni sono stati notificati nel 2009 in Italia 338 casi, di cui 4 in Campania. Ribadisco comunque che, anche se non c'è una relazione diretta, la persistenza dei rifiuti può accentuare la presenza in città di roditori e quindi aumenta anche le possibilità di contrarre questi tipi di infezioni».