Raddoppiano i costi dello smaltimento politici «fermi» e la Tarsu va alle stelle
Ci risiamo, i rifiuti andranno fuori regione e come è accaduto per i precedenti 15 anni quando c’era lo stato di emergenza e il commissario sono destinati a lievitare i costi. E in prospettiva la Tarsu. Il paradosso è che nella provincia di Napoli, in quella irpina, casertana e beneventana ci sono disponibili ben 4 discariche capaci di ospitare immediatamente 180mila tonnellate. E con un ampliamento - già consentito dalla legge del 15 per cento - arrivare a oltre un milione. Quanto basta per l’autonomia non solo di Napoli e per costruire il ciclo integrato dei rifiuti in maniera virtuosa. Ecco la cifra politica dell’ennesima crisi o crisetta è questa: quanto ci costa, chi ci guadagna e di chi è la colpa se non si va nelle 4 discariche già fruibili. Procediamo con ordine e cominciamo dal quanto ci costa. Lo smaltimento in discarica dei rifiuti di Napoli costa 112 euro a tonnellata, un costo basso secondo la Provincia che ha in carico lo smaltimento, tuttavia l’ente di piazza Matteotti per far quadrare i conti ha dovuto aumentare la Tarsu per ben tre volte in meno di un anno. Spedirlo fuori regione costerà di base 147 euro a tonnellata, nella migliore delle ipotesi, per esempio quella ligure. In realtà si sfioreranno i 200 euro a tonnellata in altri siti. Soprattutto nelle discariche pubbliche del nord i costi crescono spaventosamente. Da quelle parti, in maniera molto pragmatica, accettano le strutture ma pretendono e ottengono moneta sonante per il territorio e sgravi sulla Tarsu. Quante tonnellate Napoli porterà fuori regione? Delle 1250 prodotte quotidianamente almeno un terzo migrerà. Secondo gli esperti della Sapna per essere tranquilli lo smaltimento fuori regione dovrà essere regolare per almeno tre anni. L’incremento dei costi solo per il capoluogo ammonterà almeno per 6 milioni l’anno. A incidere - poi - in maniera consistente c’è il trasporto: 60 euro a tonnellate di media. Due anni fa Asìa, decise di sospendere questa attività perché scoprì che in questo particolare segmento di mercato si annidano le insidie maggiori sul fronte della legalità. Malgrado le gare di evidenza pubblica necessarie per assegnare il servizio, sono decine le ditte in odore di camorra all’apparenza pulite e difficilmente smascherabili. Per evitare tutto ciò basterebbe andare nelle discariche nostrane. Vale a dire a San Tammaro (Caserta), Savignano (Avellino), Terzigno (Napoli) e Sant’Arcangelo Trimonte (Benevento). Quattro siti che da subito potrebbero assorbire 180mila tonnellate di spazzatura. Considerando che Napoli e la sua provincia ne producono 300 al giorno per sei mesi il problema sarebbe risolto. Di più. I siti per legge possono essere ampliati del 15 per cento, quanto basta per arrivare ad accogliere 1 milione di tonnellate di rifiuti. Per i prossimi tre anni non ci sarebbero problemi per nessuno e per i Comuni dove ci sono le discariche scatterebbero compensazioni ambientali milionarie. Sembra un meccanismo quasi naturale, perché non lo si mette in moto? Per veti politici ed egoismi localistici. Nella sostanza gli aumenti dei costi dello smaltimento non sono altro che costi indiretti della politica che non decide nella direzione della tutela dei cittadini e delle casse pubbliche. La domanda è: atteso che i nuovi trasferimenti fuori regione faranno lievitare i prezzi, soldi che non metterà né lo Stato né gli enti locali alla fine della giostra chi paga? Fino a oggi i costi dell’indecisionismo politico sono gravati tutti sui cittadini attraverso la Tarsu. Cambiare si può, ci sta provando il sindaco di Napoli Luigi de Magistris puntando sull’autonomia di Palazzo San Giacomo, sulla differenziata e dicendo no al termovalorizzatore. Basterà? In Italia c’è un modello, quello di Torino, destinato a fare scuola. L’allora sindaco Sergio Chiamparino ha costituito un ambito territoriale (Ato) e ha messo la sua città a capo dell’organismo. Intorno ha chiuso accordi con una quindicina di altri comuni ciascuno con un compito e una specificità, a chi il compostaggio a un altro le discariche ad altri nuove funzioni: a Torino ha riservato l’impianto finale, il termovalorizzatore, lo inaugurerà il suo successore Piero Fassino fra 5 mesi. Riservandosi così la possibilità di andare a discarica tutte le volte che serve. Di più, il suo interlocutore non è mai stato la Regione Piemonte perché Testo unico alla mano non c’era necessità e quindi ha evitato pastoie burocratiche e trappoloni politici. De Magistris non vuole il termovalorizzatore ma altre tecnoloigie, va bene lo stesso, ma il tema dell’ambito è attualissimo, perché se finisce la cosiddetta solidarietà pagata a caro prezzo la città precipita nella crisi in tre giorni.