Rifiuti, vanno in tribunale i debiti dei Comuni
Un ricorso al Tar per il recupero dei crediti vantati. I vertici di «IrpiniAmbiente» stanno lavorando a un’ipotesi che potrebbe sbloccare, anche in tempi abbastanza rapidi, la partita dei mancati pagamenti da parte dei comuni delle quote per le attività afferenti il ciclo integrato. La società provinciale di gestione dei rifiuti vanta oltre trenta milioni di euro rispetto alle fatture emesse nei primi diciotto mesi di attività. L’idea di presentare ricorso al Tribunale amministrativo nasce da una vecchia norma, in vigore prima della dichiarazione dello stato di emergenza - nel 1994 - e della nomina di un commissario straordinario per la gestione della partita rifiuti in regione Campania. In questa fase, una serie di provvedimenti demandarono questo tipo di decisioni alla giustizia ordinaria. I vertici di «IrpiniAmbiente» stanno pensando al Tar perché la norma che affidava i poteri ai giudici amministrativi dovrebbe essere rientrata in vigore con la cessazione dello stato di emergenza. A questa ipotesi stanno lavorando i legali della società, anche per cercare di ottenere una decisione in tempi rapidi. La società provinciale è pronta a presentare un atto di citazione per chiedere la condanna a pagare dei numerosi comuni morosi. Una decisione drastica, che deriva da una situazione divenuta ormai insopportabile per il soggetto provinciale impegnato nelle attività afferenti il ciclo integrato. Del resto, numerosi enti locali risultano ancora morosi anche nei confronti degli ex consorzi di bacino, tuttora in fase di liquidazione. La condizione allarmante di «IrpiniAmbiente» è stata al centro della protesta di lavoratori e sindacati, preoccupati per il futuro del comparto e della società. «È necessaria - evidenzia il responsabile ambiente della Uil, Michele Caso - una netta inversione di tendenza: poco importa se attraverso un ricorso al Tar o la nomina di commissari ad acta nei Comuni inadempienti, provvedimento che potrebbe assumere il Prefetto al quale ci siamo rivolti. Non siamo contrari neppure a un’interruzione dei servizi in quei Comuni che continuano a non pagare le fatture per le attività svolte dalla società. Una soluzione va trovata, altrimenti corriamo il rischio di appesantire ulteriormente una condizione già delicata». Ma quanto può reggere ancora «IrpiniAmbiente» continuando ad incassare poco meno della metà del fatturato? Domanda difficile, alla quale nessuno si azzarda a dare risposte ufficiali. Dagli società fanno trapelare, però, che la situazione economica sarebbe già al limite e che il punto di non ritorno potrebbe essere più vicino di quello che si immagina. L’unica certezza, al momento, è rappresentata dagli stipendi del mese di giugno: attraverso l'ennesimo sforzo, saranno pagati regolarmente a tutti i dipendenti, entro la data stabilita. Sul futuro, invece, pesano le incertezze derivanti dalla situazione finanziaria: neanche la protesta dei giorni scorsi ha contribuito a sbloccare la situazione e sollecitare nuovi pagamenti. La situazione non penalizza, almeno per questa fase, la regolare attività, anche di programmazione. Mentre viene ufficializzata l’adesione alla società di altri 11 ex cosmarini del gruppo (ormai assottigliato a circa 30 unità) che aveva protestato per le modalità utilizzate per l’assorbimento dei lavoratori e per il contratto proposto, rifiutando il trasferimento, la società ha presentato la documentazione per il cambio di gestione dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) dello Stir di Pianodardine. L’impianto dovrebbe essere riconvertito per favorire anche il trattamento anaerobico della frazione organica. A riguardo sta già lavorando il commissario Giovanna Ferrari, docente di Impianti chimici presso l’Università di Salerno. L’avvio del trattamento anaerobico dell’umido - previsto dalla legge - consentirebbe la possibilità di ridurre i costi, non dovendo più trasportare la frazione organica fuori regione (l’impianto di Teora è piccolo per garantire la lavorazione di tutto l’umido prodotto in provincia).