Ma c’è un’altra Napoli: a Posillipo nemmeno un sacchetto

Cassonetti vuoti e turisti felici nel quartiere bene della città
I negozianti: siamo dei privilegiati
25 giugno 2011 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Benvenuti nella Repubblica indipendente di Posillipo, la San Marino di Napoli, la collina dove i cassonetti sono vuoti e dove il mare luccica. Davvero un altro mondo, il paradiso della luce contro l’inferno dei roghi. C’è, allora, esiste una Napoli che mostra il suo volto migliore. Qui l’estate si conferma la stagione della bella giornata di Raffaele La Capria, mentre il resto della città è ferita a morte dall’ennesima emergenza della monnezza, il nostro incubo meridiano fatto di fetori, di fuochi, di sacchetti a piede libero, di detriti e lerciume. La zella. A percorrere in lungo e il largo la collina, che a occidente chiude Napoli, restano impressi i commenti di un gruppo di turisti russi che sciàmano sul marciapiede del belvedere di via Petrarca. Scattano foto a tutto quel bendidio con il Vesuvio che spunta, fraterno (e non sterminatore), su un golfo che acceca. La cartolina, il ricordo da tenere caro nelle nevose serate sottozero. La Waterloo della monnezza appare lontana, nemmeno un’eco, nemmeno una puzza. Natalia, la guida, si gode lo stupore dei moscoviti in gita. Vengono direttamente da Rimini, sono partiti di notte. «Ma ne valeva la pena» commenta. Scenderete anche in centro? «Certamente, ma speriamo di non incontrare proteste. I miei connazionali sono carichi di entusiasmo non vorrei deluderli. Se mi chiederanno spiegazioni per la spazzatura, sarò evasiva». Dovrebbero assumerla alle pubbliche relazioni del Comune una come questa. Per lei basta non rispondere, invitare a girarsi dall’altra parte e la monnezza sparisce. Abitudini coltivate nei decenni di socialismo reale. Sotto Palazzo Donn’Anna in centinaia prendono il sole sulle sdraio e sguazzano in acqua tra il Lido Ideal e il Bagno Elena. Se si resta appoggiati al parapetto rovente si sente il profumo del mare. I cassonetti alle spalle sono vuoti. Come tutti quelli lungo via Posillipo. Bisogna arrivare all’imbocco del vialone che porta al Virgiliano per trovare un cumulo solitario, vistoso, certo, ma in gran parte fatto di imballaggi e polistirolo, poco umido. Scendendo a Riva Fiorita, si passa davanti a Villa Rosebery, la residenza presidenziale. C’è appena qualche sacchetto nei contenitori. E poi, giù, all’ombra di Villa Volpicelli, set di «Un posto al sole», il solito teatrino napoletano. Gruppi di giovani distesi sugli scogli, qualcuno sulla micragnosa spiaggetta che si è formata tra i frangiflutti. Sotto gli ombrelloni del Bar del Mare prendono un aperitivo. «Sì, siamo dei privilegiati» commenta con un pizzico di autoironia Nicola Marino, il gestore. «La tolgono sempre la spazzatura, qui. Anche noi, però, ci diamo da fare per tenere pulito dalle cartacce. Ma se ci dessero una mano sarebbe meglio». E sì, qui si lamentano del bel tempo. Perché il problema sono le barche sfondate depositate in riva al mare. Rifiuti ingombranti e molti speciali. «All’apparenza» spiega Marino «fanno molto cartolina, ma in realtà sono un rifugio di animali e sporcizia». Tra i pini allineati di via Manzoni s’intravedono Bagnoli e Nisida e non c’è niente a inquinare il panorama. È come dovrebbe essere. A via Petrarca appena qualche imballaggio depositato accanto ai cassonetti e, in un angolo, i resti ammassati dei manifesti elettorali che si sciolgono in una poltiglia appiccicosa. Anche riscendendo a via Posillipo, lungo i fitti condomini di Parco delle Rondini che lo scorso autunno erano infestati da cumuli fetidi, si resta increduli per la pulizia. «Posillipo è gestita direttamente da noi» spiega Raphael Rossi, il neopresidente dell’Asìa. «Riusciamo a smaltire le giacenze». La differenza, rispetto al centro storico sommerso dal marciume è anche nella raccolta senza scioperi. Basta lasciare la collina per ritrovarsi in una Mergellina dove la monnezza ti spunta all’improvviso davanti agli occhi: un cassonetto sì, l’altro no, lungo via Caracciolo, proprio di fronte all’imbarco degli aliscafi per le isole, con punte acute a piazza Sannazaro. A viale Dohrn, davanti al Circolo del Tennis, i miasmi stordiscono, vengono fuori da un monterozzo di sacchettoni neri che, a naso, contengono gusci di cozze e vongole e abbondanti lische di pesce. Insomma, non tutta la cosiddetta città borghese è immune dalla peste. Napoli, secondo una vecchia definizione di fine Ottocento malevolmente efficace, è l’unica città coloniale senza il quartiere europeo. Via Crispi e via Schipa (poco lontano dall’ospedale Loreto) sono piene di spazzatura. Ma da piazza Amedeo in poi, lungo via Vittoria Colonna, via dei Mille e via Filangieri, è tutto lindo. Ma basta svoltare per San Pasquale a Chiaia e ci si imbatte in un cumulo immondo. Alle 13 un compattatore svuota bidoni tra una pizzeria e un cinema. Sembra un miraggio, il messaggero di una città normale.

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