Epidemia colposa, indagine-bis dei pm
C’è chi doveva togliere la spazzatura dalle strade e non l’ha fatto. C’è chi doveva portarla in una discarica o in un sito di trasferenza e non l’ha fatto. C’è poi chi doveva consentire che i rifiuti venissero stoccati e sversati e non l’ha fatto. Eccola l’ultima inchiesta della Procura di Napoli in materia ambientale. Sotto traccia, da tre mesi, i pm del Centro direzionale stanno indagando su una doppia ipotesi investigativa: omissione in atti di ufficio e epidemia colposa. Ci sono degli indagati, tecnici e amministratori nel mirino. Indagine sugli ultimi mesi di vita della giunta Iervolino. Doverosa una premessa: l’ultimo filone investigativo non investe la giunta De Magistris, insediata da un paio di settimane (anche se l’attenzione su scelte amministrative e strategie operative da parte di Palazzo San Giacomo resta per forza di cose obbligatoria). Inchiesta condotta dalla sezione mani pulite del procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Francesco Curcio, tecnicamente si tratta di uno stralcio di un fascicolo culminato nell’aprile scorso in venti richieste di rinvio a giudizio (anche per l’ex sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino). Una nuova mossa, dunque, dettata - come spiega il procuratore Giovandomenico Lepore - «in considerazione della drammatica situazione attuale esistente a Napoli», e sulla base «delle dichiarazioni di vari esperti, come la professoressa Triassi, sui rischi per la salute pubblica derivanti da ciò che sta succedendo». Una situazione - quella napoletana - che il procuratore sintetizza con l’aggettivo «impossibile». Si torna a parlare di rischio epidemia, ma anche di omissioni da parte di tecnici e amministratori che hanno il compito di assicurare uno scenario di normalità alla terza città d’Italia. Ci sono dei nodi da sciogliere: la mancanza di soluzioni adottate per recintare o disinfettare le montagne di spazzatura che si sono via via accumulate in città, la mancanza di strategie per scongiurare il rischio contagio. Tre anni fa - tra il 2007 e il 2008 - la prima indagine che ha coinvolto a vario titolo un’ampia fetta di sindaci e commissari dell’area metropolitana napoletana. Tre mesi fa, poi, di fronte a una nuova insorgenza della crisi, la decisione di tenere alto il livello di guardia. Anche in questo caso, ci sono relazioni di esperti del ramo, come la direttrice del dipartimento Igiene del secondo policlinico Maria Triassi, la prima a lanciare l’allarme. Napoli è a rischio. C’è voglia di capire, di responsabilizzare: dalla raccolta dei rifiuti al conferimento finale, perché Napoli resta seppellita dai rifiuti? Possibile che in queste ore la Procura di Napoli abbia anche acquisito (ma solo per un fine conoscitivo e comparativo) la prima ordinanza in materia dei rifiuti della giunta De Magistris. Un documento con cui il primo cittadino ha lanciato l’allarme sanitario, disponendo una serie di adempimenti per limitare le conseguenze della crisi, soprattutto per chi è a capo di esercizi commerciali. Un’ordinanza che, a questo punto, potrebbe essere comparata con le precedenti misure amministrative, anche per accertare eventuali omissioni riconducibili a un recente passato. Altra storia invece l’inchiesta condotta dalla Procura su ipotesi di sabotaggio. In questi giorni, sfilano in Procura i vertici degli enti locali, ascoltati come testimoni o potenziali parti offese di episodi di vandalismo più o meno mirati e - neanche a dirlo - più o meno riconducibili all’emergenza rifiuti in Campania. Sette giorni fa è stato ascoltato dal pm Raffaello Falcone (in forza al pool dell’aggiunto Gianni Melillo) il governatore Caldoro, ieri è toccato al coordinatore regionale Pdl Nicola Cosentino: si parte dalle proteste dei Bros, disoccupati organizzati che puntano a entrare nella filiera della raccolta. Ma c’è un terzo anello investigativo: il sabotaggio, ipotesi più volte sostenuta dal sindaco De Magistris e dal suo vice Sodano.