No a nuove discariche in città ma possibile l’ampliamento
Ipotesi allargamento per Chiaiano
Stato di emergenza, nuove discariche, apertura delle cave dismesse: ieri, mentre a Roma si cercavano freneticamente soluzioni tecniche e politiche capaci di far riprendere i viaggi dei rifiuti, a Napoli si studiavano le possibili soluzioni alternative. Le discariche. «Serviranno ancora discariche? All’inizio sì, ma con il piano a regime l’obiettivo è discarica zero», ha dichiarato il neoassessore Sodano nell’intervista al Mattino. Il Comune punta decisamente sulla differenziata, ma gli sversatoi saranno certamente necessari nella prima fase del piano. Discariche, dunque: ma quali e dove? L’apertura di un nuovo sito da un milione di tonnellate prevista dall’accordo del quattro gennaio tra gli enti locali e il sottosegretario Gianni Letta, richiederebbe molti mesi, se mai il presidente della Provincia decidesse di imboccare questa strada. E l’ipotesi sembra remota non solo per la dichiarata contrarietà di Cesaro, ma anche perché il piano regionale adottato dalla giunta regionale indica come via maestra nell’individuazione dei siti il rispetto dei vincoli paesaggistici e ambientali: e in questo caso bisogna necessariamente orientarsi tra il Sannio e l’Irpinia. Discariche a Napoli difficilmente si faranno anche se il piano regionale prevede l’allargamento del 15% di tutti i siti esistenti e quindi, in teoria, anche di Chiaiano. Nelle settimane scorse, però, la Regione e la Provincia avevano escluso questa ipotesi e nei numerosi incontri con i rappresentanti dei comitati il direttore tecnico della Sapna aveva promesso la chiusura dell’invaso appena si fosse riempito. Lo stop dunque dovrebbe essere ormai prossimo. Non è detto, però, che l'idea dell'allargamento non torni ad essere esaminata. Il decreto. Nella sentenza del Tar Lazio, che ha bloccato le migrazioni della monnezza, si sottolinea che se si permettessero i trasferimenti del materiale prodotto dagli stir senza autorizzazione da parte delle regioni di destinazione «si giungerebbe alla conclusione irrazionale che ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori regione “intero” (il rifiuto urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta “frazionato”». Gli stir, infatti, si limitano a dividere la spazzatura in secco e umido e a triturarlo. Il problema, quindi, appare sostanziale: la monnezza, sostiene il Tar, anche se frullata resta sempre monnezza e quindi deve essere smaltita, come prevede l'Europa, in prossimità al luogo di produzione. Non solo: se il decreto andasse in porto si aprirebbe un nuovo problema: il rifiuto speciale, infatti, non può essere smaltito in discarica e quindi la frazione umida non potrebbe in nessun modo essere portata nei siti di Sant'Arcangelo Trimonte, Savignano Irpino e San Tammaro come pure è accaduto in passato. Lo stato di emergenza. La richiesta - se non ci sarà il decreto - potrebbe partire dalla Regione, ma d'intesa con gli enti locali. Servirebbe a conferire nuovi poteri in deroga agli amministratori, a partire dal governatore, per accelerare l'apertura di nuovi impianti. L'ipotesi, però, ha finora incontrato la resistenza di Berlusconi. Stop alla provincializzazione. I presidenti di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno sembrano decisi a mantenere il no all'utilizzo dei siti attualmente in funzione anche se recentemente il consiglio regionale ha approvato un provvedimento che lo prevede. Le cave dismesse. Per mesi Cesaro ha cercato l'accordo con i sindaci del nolano senza risultati. Nelle cave dovrebbe arrivare materiale biostabilizzato che al momento viene prodotto in modica quantità solo a Tufino, ma non dagli altri stir.