Chiusi i pozzi abusivi, agricoltori in rivolta

Punito un centinaio di contadini, Riccio: altri danni oltre la crisi
21 giugno 2011 - Giuseppe Miretto
Fonte: Il Mattino

MADDALONI. Doveva arrivare la riforma, invece piovono multe sugli agricoltori maddalonesi. Ed è scoppiata una guerra aperta per il prelievo di acqua per uso irriguo: la tensione è alta soprattutto con la polizia provinciale. A Maddaloni, il territorio epicentro delle trivellazioni abusive (sull’asse Marcianise-San Felice a Cancello) sono più di duemila gli impianti, per l’estrazione di acque sotterranee, non sanati o sfuggiti alla sanatoria scaduta nel 2007. Quindi, come appena la polizia provinciale (a seguito del passaggio delle competenze alle Province) ha avviato un ottimo lavoro di censimento degli abusi sul territorio, è esplosa una situazione di grande incertezza. Più di un centinaio di multe per emungimenti in falda non autorizzati e contestazioni per uso di impianti di sollevamento non a norma. Per quest’ultimi ci sono ordinanze di chiusura. Insomma, l’irrigazione fai da te o senza regole non si può più fare. L’effetto dei controlli è dirompente: nelle campagne del maddalonese, e non solo, è ora fuori controllo la preoccupazione per la gestione dei raccolti. Si corre il rischio di una sollevazione popolare e soprattutto di una crescita dell’abusivismo e delle illegalità. Molti infatti hanno simbolicamente strappato le contravvenzioni. I più pensano di aggirare i divieti: la raccolta non ammette moratorie burocratiche. Ieri mattina, e prima che la situazione potesse degenerare, la Cicc (costituente imprenditori coltivatori campani), Siaab, Altra Agricoltura e Feagri hanno presentato un «ricorso collettivo contro le sanzioni amministrative». «Non è in atto – spiega Lino Martone, segretario regionale di Altra Agricoltura - e né vi può essere una generica difesa corporativa di chi non ha provveduto a sanare la presenza di pozzi agricoli». Di più, gli agricoltori affittuari si dichiarano addirittura «due volte vittime» di sanzioni errate che rappresenterebbero un gigantesco infortunio burocratico. «I provvedimenti - precisa Martone - vanno contestati ai proprietari concedenti i terreni in affitto, che all’insaputa del coltivatore affittuario, hanno evaso gli obblighi di legge». Tanto premesso, la polemica si fa feroce. I sindacati contestano alla «Regione e alla Provincia l’esercizio di una pratica di pura repressione poliziesca e sanzionatoria. Le leggi, oltre alle multe, prevedono anche l’ignorata valutazione e la programmazione del fabbisogno irriguo». Monta la rabbia. Infatti, domani ci sarà un concentramento di protesta dei coltivatori con lo slogan: «Non si può fare agricoltura senza acqua». «La verità – commenta Giuseppe Riccio, agricoltore locale - è che i coltivatori pagano oggi un’aggressione sistematica e lo smantellamento del comparto agricolo locale». I grandi espropri per lo scalo merci ferroviario e per l’Interporto hanno decretato il declino del settore. «Oltre al business degli espropri – conclude Riccio - negli ultimi trent’anni non c’è stato nessun investimento per creare, anche qui, un sistema di approvvigionamento idrico efficiente, legale e pubblico». Insomma, l’abusivismo irriguo sarebbe anche un «abusivismo per necessità». Adesso, la riforma è in un vicolo cieco: troppi i pozzi abusivi e troppa la richiesta di acqua per i bisogni moderni dell’attività orticola, fruttifera e del tabacco. E i raccolti incombono. Tutte le polemiche riconducono alle «azioni fallimentare di programmazione esercitate dai consorzi di bonifica». Da qui, la proposta di «sospendere tutte le ordinanze di diffida e di chiusura dei pozzi irrigui ancora non sanati». A tutela delle diecine di aziende familiari, va avviato invece un «programma sussidiario per la programmazione e l’organizzazione dell’attività irrigua, anche integrando i deficit di competenze riconducili ai consorzi e enti similari».

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