Rifiuti, le tasse pagate a Napoli sparivano a Milano
Arrivavano soprattutto da Napoli i milioni sottratti in modo fraudolenta e dirottati su conti correnti privati o impiegati per l'acquisto di immobili e altri beni, nel Nord Italia, incluse opere d'arte di notevole valore. Quote dei tributi riscossi per conto del Comune di Napoli e di altri enti locali: la tassa sui rifiuti, quella per l'occupazione di spazi pubblici e sulla pubblicità, Ici, condoni, multe. L'indagine, condotta dai militari del nucleo di polizia tributaria della Finanza di Milano, ha consentito di ricostruire i movimenti dei flussi di denaro e di scoprire i retroscena del fallimento della Aip srl (Azienda italiana pubblicità) con sede a Milano, la società incaricata della liquidazione, dell'accertamento e della riscossione di tributi e altre entrate per alcuni enti locali, tra cui i Comuni di Napoli, Grumo Nevano, Bordighera, Siderno, Oppido Mamertina. I finanzieri indagano su un buco da oltre cinquanta milioni di euro. Ieri mattina hanno notificato le cinque ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Micaela Serena Curami del Tribunale di Milano su richiesta dei pubblici ministeri Luigi Orsi e Sergio Spadaro, titolari dell'inchiesta: due provvedimenti di custodia cautelare in carcere e tre agli arresti domiciliari. Nell'ambito dell'operazione sono state eseguite inoltre diverse perquisizioni in varie regioni d'Italia, e quindi in Campania e in particolare negli uffici di Palazzo San Giacomo dove i finanzieri hanno acquisito un'ampia documentazione per poter procedere a ulteriori e necessari approfondimenti investigativi. Nell'elenco dei dieci indagati figura, tra gli altri, una dirigente del Comune di Napoli, Ida Alessio Vernì, già direttore centrale sviluppo commerciale, sospettata di peculato. Napoli è una tappa fondamentale nell'inchiesta dal momento che la bancarotta, il reato più grave, si è consumato nel capoluogo lombardo dove aveva sede la società poi fallita. Il peculato, come sottolinea il gip, riguarderebbe «i rapporti tra Aip e Comune di Napoli» e sarebbe stato commesso «in concorso con pubblici ufficiali in servizio presso il Comune di Napoli in corso di identificazione». Al centro delle indagini c'è anche la Elpis, una società mista partecipata al 51% dal Comune di Napoli e al 49% da Aip. Dalla metà degli anni '90 - ricostruiscono gli inquirenti - la Aip «si è occupata per diversi comuni della riscossione di tutte le tipologie di tributi e entrate comunali» e nel 2002 il Comune di Napoli, nonostante avesse evidenziato in una delibera la «assoluta incertezza delle entrate» rispetto ad Aip, aveva riconosciuto alla società «un indennizzo» di quasi 3 milioni di euro. Il che induce oggi il giudice a parlare di «pesanti ombre» sul Comune riguardo la «gestione complessiva dei rapporti con la società». I provvedimenti del gip hanno riguardato i vertici della società. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse nei confronti di Roberto Toia, all'epoca dei fatti presidente del Cda di Aip; Stefano Gobbie e Giorgio Martinato, rispettivamente consigliere delegato e amministratore unico della società; Gabriella Amati e Angelo Maj, amministratori di fatto dell'azienda. I magistrati, che indagano sulle ipotesi di bancarotta fraudolenta e peculato, ipotizzano l'esistenza di un'organizzazione a delinquere che avrebbe sottratto in maniera illegale somme per 50 milioni di euro derivanti dalla riscossione dei tributi locali, e in alcuni casi avrebbe distratto il patrimonio della società, poi fallita, per circa 18 milioni euro. L'inchiesta si concentra sugli ultimi dieci anni. Secondo gli inquirenti, gli amministratori di fatto della Aip, dal 2001 al fallimento dichiarato nel 2009, avrebbero gestito gli incassi dei tributi riscossi come se si trattasse di denaro proprio «di cui poter disporre liberamente e senza limiti».