Rifiuti, le tasse pagate a Napoli sparivano a Milano
alla società Elpis anche l'affitto di un terreno da 40mila euro l'anno
Per nove anni Elpis e Aip con alterne fortune costituiscono uno dei principali problemi per la riscossione dei tributi di Palazzo San Giacomo. La Tarsu e gli altri tributi, nella sostanza, rendono quasi nulla. Nonostante questo fino a due anni fa le gare di appalto per questo particolare servizio esternalizzato dal Comune le ha continuate a vincere proprio la Elpis che è poi la stessa cosa di Aip. Perché? Il sospetto degli investigatori è che i soldi dei contribuenti che da Napoli finiscono nelle casse milanesi forse non fanno un viaggio di sola andata. Vero? Falso? Di certo c’è che l’inchiesta è destinata a fare ancora molto rumore. La procura milanese non a caso parla di «pesanti ombre nella gestione del Comune di Napoli». Nel mirino ci sono dunque le gare che regolarmente venivano vinte da Aip anche in associazione temporanea d’impresa. Come è possibile che da Palazzo San Giacomo, nonostante l’annosa mancanza di fondi, non ci siano state denunce sulla particolare gestione di Aip? Che nessuno si sia chiesto dove fossero finiti 50 milioni di euro? Agli atti risultano solo generiche denunce alla Procura della Corte dei Conti. Al centro dell’inchiesta c’è dunque la Elpis, società mista partecipata al 51% dal Comune di Napoli e al 49% da Aip. Raffaele Carotenuto - ex consigliere comunale in quota Prc - in un suo intervento in aula denunciò una singolarità. Che il capitale sociale della Elpis era costituito non da fondi, soldi, fidejussioni ma da quadri, dipinti, che evidentemente dovevano avere un certo valore. Un modo singolare tuttavia di testimoniare la bontà dello stato di salute finanziario della società. Invitò a fare luce su questo nuovo modo di fare impresa. Ma a Palazzo San Giacomo battezzarono tutto come regolare. Sempre per la Elpis, che fra i suoi compiti ha quello di riscuotere i soldi della pubblicità, quella sui tabelloni pubblicitari, il Comune paga 400mila euro all’anno di affitto per un terreno - nella zona di Casoria - sul quale vengono accatastati i tabelloni inutili. Come se nello sterminato patrimonio immobiliare del Comune non ci fosse nella disponibilità un capannone da usare come deposito. Anche questa è una denuncia che porta la firma di un ex consigliere comunale, Raffaele Ambrosino del Pdl che come Carotenuto in aula e dunque pubblicamente, chiese ma non ottenne chiarezza. Sulle modalità di pagamento la Elpis - stando a quanto racconta un ex assessore della giunta Iervolino che preferisce mantenere l’anonimato - sapeva farsi rispettare. Nella sostanza si tratta della tecnica delle note a piede di pagina. Vale a dire che invece di fissare a inizio dei lavori il canone, per esempio per 100 tabelloni installati il costo per il Comune doveva essere di centomila euro, si faceva esattamente il contrario. Prima il lavoro poi la Elpis diceva il prezzo! Senza violare alcuna norma perché questa modalità è prevista nelle modalità della gara che si è aggiudicata per prestare il servizio. Stando a quanto ricostruito nell’ordinanza, per quattro anni, dal 2005 al 2009, la Aip «ha continuato a ricevere, sul suo conto corrente postale, i contributi erroneamente versati dai contribuenti, in buona fede», nonostante «non si occupasse più della riscossione dei tributi» per conto del Comune di Napoli.