Dalle barricate alla cabina di regia: Sodano di lotta e di governo

L'assessore al'ambiente, metamorfosi di un politico entrato nella stanza dei bottoni
21 giugno 2011 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Ora è contemporaneamente nella Peste e nelle pesti. Tommaso Sodano, vicesindaco e assessore alla monnezza, una vita passata a studiare il ciclo dei rifiuti, a denunciare e a combattere tutte le nefandezze di chi sulla spazzatura ha costruito imperi finanziari, a scrivere un libro, documentato e feroce come un j’accuse, «La Peste» appunto, e ora è dall’altra parte della barricata a sbrogliarsela tra i sacchetti a piede libero e gli annunci berlusconiani di una città rilucente in una manciata di giorni. Duro barcamenarsi tra la lotta e il governo, anche se si è cresciuti a pane e comunismo. «Nessuno ha detto che avremmo risolto l’emergenza in cinque giorni» prova a mettere le mani avanti l’ex-senatore. «Il sindaco ha parlato più modestamente di pulire la città». Invece? «Ci stanno mettendo i bastoni delle ruote». Vabbé, ma così sembra di sentire il Cavaliere.
È un contrappasso dantesco, in cui però nell’Inferno ci finiscono sempre gli stessi. È troppo presto, in verità, per dare qualsiasi giudizio di merito. La luna di miele tra la nuova giunta e la città è appena cominciata, ma trovarsi al comando quando scoppiano le proteste è dura per chi nell’opposizione c’è cresciuto. Anche se, a onor del vero, Sodano non veste per la prima volta i panni di amministratore pubblico. Impegni a Palazzo Madama a parte, per sei anni (dal 1995 al 2001) è stato anche assessore provinciale alle Attività Produttive e al Lavoro. Certo, lo sappiamo, la Provincia ha armi spuntate, è un ente che vogliono abolire, ma non s’è visto (e non si vede ancora) molto lavoro e altrettanta produttività a Napoli e dintorni. E la colpa non può sempre essere degli altri, tanto per non passare per discepoli della scuola di Arcore.
La grana più dura, per Sodano, restano le proteste. E l’assessore confessa di avere una sola strada, obbligata, per la sua storia e per le sue idee: ascolto e condivisione con le popolazioni locali. «Ci sono ostacoli e difficoltà» spiega «che puntualmente si stanno verificando. Da due giorni non ci fanno scaricare. Avevano messo nel conto le ostilità e le resistenze perché quella dei rifiuti in Campania è una filiera che per molti è stata una pacchia, per altri, la maggioranza, un incubo».
Il Comune ha poche competenze in questo ciclo che è diventato uno scaricabarile, dove non si scarica nulla, né i barili e tantomeno i sacchetti. A Palazzo San Giacomo tocca raccogliere la monnezza. La Provincia deve dire cosa farne. Cavarsela da soli è un una missione impossibile. E il paradosso-Sodano è gestire l’emergenza con gli strumenti che ha sempre criticato. «Dobbiamo lavorare» dice «in questa fase di transizione con un’impiantistica che ha fallito e che non è la nostra. È un ricatto». Ma il vicesindaco sa che dovrà vestire i panni di Giobbe, per molto tempo. «Non mi sono mai sottratto alle mie responsabilità» ammette, con la speranza di non accollarsene troppe. Il libro dei sogni, invece, contempla isole ecologiche in città e altre soluzioni che altrove praticano da anni. C’era un capocronista buonanima che incitava i giovani praticanti giornalisti ripetendo: «Se non sapete scrivere, copiate». Ecco, per tenere pulita Napoli basterebbe vedere come hanno fatto gli altri. Ma forse è troppo tardi, con il fronte del rifiuto pronto a scatenarsi contro qualsiasi discarica o inceneritore. Il passaggio dalle barricate alla cabina di regia provoca qualche imbarazzo. La poltrona scotta due volte. Brucia ancora di più accampare spiegazioni che, quando si stava sull’altra sponda, erano derise. Nessuno ha la bacchetta magica, quindi è inutile passarsi da una mano all’altra un legno secco. Tanto l’umido (e non solo) resta sempre per strada.

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