«Così ho convinto gli ambientalisti a realizzare il termovalorizzatore»
"Dialogo, sicurezza e partecipazione ecco il patto per gestire il ciclo rifiuti"
Ora è all’Onu, dove dirige il programma degli insediamenti umani, prima è stato ambasciatore spagnolo in Turchia e, fino al 2008, sindaco di Barcellona. E Joan Clos, ieri in città per il Forum delle Culture, «alcade» lo è stato per otto anni, realizzando un progetto che a Napoli ce lo sogniamo, ma che in Catalogna è stato costruito con un grande patto sociale: un parco per lo smaltimento dei rifiuti all’interno di un consorzio urbano di dodici Comuni, Barcellona compresa. Ma quello che stupisce di più è che l’ha fatto con una giunta rosso-verde, perché lui, socialista tutto d’un pezzo era al governo con i Verdi. Questo e altro gli hanno fatto guadagnare la fama di sindaco del miracolo e della grande crescita di Barcellona.
Comunque sia, mette subito le mani avanti: «Non conosco la realtà amministrativa di Napoli, posso raccontare la mia esperienza», E a noi questa interessa, sindaco.
Viene spesso a Napoli. «Sì, per me Napoli è la vita, la complessità, l’intreccio di mondi diversi. Una città barocca, più spagnola di quelle spagnole».
La trova cambiata rispetto alle visite precedenti? «No, ho ritrovato la vitalità di sempre».
Meno male. Ma veniamo ai rifiuti. Come siete riusciti a realizzare un progetto così complesso in un ambito urbano? «Abbiamo messo insieme dodici Comuni, creando un Corsorzio che gestisce i rifiuti, l’acqua e altri servizi per un’area di 800 chilometri quadri e una popolazione di tre milioni e mezzo di persone. È stata una trattativa lunga e complessa. Ma alla fine abbiamo costruito un sistema efficiente con un termovalorizzatore, tre siti di trattamento e una discarica».
Tutto in città? «Nell’immediata periferia di Barcellona e in un’area molto abitata».
La formula magica? «È quella che si usa in tante città europee. C’è stato un patto sociale per la popolazione. E ovviamente il rispetto assoluto delle norme europee che impongono controlli rigorosi delle emissioni di diossina».
In cambio che cosa avete dato? «Ci sono state delle compensazioni, è ovvio».
Di che tipo? «Abbiamo puntato sullo sviluppo urbano, realizzando strutture pubbliche. C’è stato un patto sociale tra i vari partiti politici e la popolazione ed è quello che mi sento di consigliare per qualunque città e anche, ovviamente, per Napoli».
Come ha fatto a convincere i Verdi che in Italia sono gli avversari più accaniti degli inceneritori? «Abbiamo discusso a lungo e abbiamo puntato un progetto moderno, sicuro e monitorato».
Ci sono state delle proteste della popolaziome? «C’è sempre chi protesta e bisogna ascoltare tutte le ragioni, ma poi decide la maggioranza. Così è la democrazia, altrimenti si crea una dittatura delle minoranze. È stata decisiva una scelta: quella di mantenere l’inceneritore all’interno del perimetro urbano di Barcellona. Ciò ha consentito di mettere d’accordo gli altri Comuni del Consorzio».
Però è stato facile, l’inceneritore ce l’avevate già. Qui bisogna costruirlo ex novo. «Abbiamo realizzato da zero una discarica. In un sistema integrato, l’unico che può gestire realtà urbane molto densamente abitate e molto grandi non può prescindere da nessun sistema di smaltimento».
Quali sono stati i problemi più complicati da risolvere? «Trovare i siti non è stato facile. È quello che ci ha richiesto più tempo, ma alla fine si è arrivati a una scelta condivisa, fatta sotto il controllo della popolazione che ha capito che era un sistema pulito e vantaggioso, perché la discarica produce biogas che contribuisce alla produzione di energia elettrica».
Insomma, vi sentite un esempio da imitare? «Insisto, siamo noi che imitiamo altri. È una strada comune a tutti i Paesi europei».