Docce e sdraio per la tintarella con l'incubo del "mare marrone"

Da Licola a Pozzuoli l'altalena dei divieti tra lidi e spiagge
10 giugno 2011 - Paolo Barbuto
Fonte: Il Mattino

Il viaggio lungo la costa napoletana L’altra sera, davanti all’ingresso un lido di Licola, s’è presentato un tizio che aveva due pistole, una nella cintura e una nella tasca posteriore dei calzoni. Il tizio, prima che i carabinieri lo fermassero, ha cercato il gestore del lido, gli ha puntato la pistola in faccia e gli ha detto che si sarebbe accontentato dei guadagni della giornata, che doveva portarlo ai «compagni» di un gruppo malavitoso. «Ma no, qui il problema del pizzo non c’è», s’affrettano a spiegare molti dei gestori. E vallo a capire se dicono la verità o mentono per paura. Il confine fra la costa casertana e quella napoletana, camminando sulla sabbia non si vede, naturalmente. Il fatto è che non si percepisce nemmeno: il mare di Castelvolturno è uguale a quello di Licola che è identico a quello di Varcaturo. Per avere una rappresentazione «fisica» di questo concetto, provate a guardare la piantina della costa realizzata dall’Arpac e messa online a disposizione dei cittadini. Ci sono bandierine rosse a segnalare il mare non balneabile, blu per quello dove i tuffi sono consentiti: quando incappate in una infinita sequenza di bandierine rosse (27 per la precisione) avrete individuato la zona della quale parliamo. Partono dalla mefitica foce del Volturno, le prime diciassette bandiere di pericolo riguardano ancora l’area casertana, le successive dieci appartengono tutte alla provincia di Napoli. Eppure i rilevamenti regalano briciole di speranza; lievi, infinitesimali segnali di miglioramento nella qualità di quella melma che continuiamo a chiamare, con ostinazione, mare: «Ma sono segnali talmente inconsistenti che faccio fatica a gioire», Annamaria Lubrano, pasionaria della lotta alle schifezze che vengono vomitate dai canali di scolo, presidente dell’associazione ambientalista «Costa dei sogni» e proprietaria di un lido, «Le Dune», non riesce a partecipare al coro d’entusiasmo che ha accompagnato i modesti miglioramenti nei risultati delle analisi: «Se non si mettono in atto drastiche misure di controllo e di contrasto, qui non cambierà mai nulla. La gente da noi continua a venire anche perché il mio è il lido più bello della zona. Ma il mare...». Il mare è inguardabile, l’altro giorno aveva un colore marroncino scuro che dava i brividi solo a guardarlo. Infatti la gente che va su quelle spiagge, sopperisce con le docce, e con le piscine, dove ci sono. Anche l’arenile, nelle zone abbandonate e lontane dai lidi più accorsati, è impressionante: non solo immondizia ma anche carcasse di animali a marcire sulla sabbia. Pure l’area lungo la strada che conduce alla costa fa venire i brividi. Qui l’emergenza rifiuti non si è mai conclusa, tutto è immobile, tranne l’immondizia che cresce. Fortunatamente, almeno, dai canali che circondano le spiagge non scivola più in mezzo ai pochi coraggiosi bagnanti il percolato come accadde due anni fa. Il punto di svolta tra la costa napoletana che le analisi considerano a rischio e quella in cui il bagno non è ritenuto pericoloso, è Torregaveta. Non è questione di bravura, naturalmente. Solo merito delle correnti che, all’avvicinarsi del canale di Procida, si fanno più intense e vorticose e, a giorni alterni, tengono lontani dalla costa rifiuti solidi e batteri fecali. Sono quelle stesse correnti, però, che talvolta mettono in crisi i bagnanti meno esperti. Il pontile di Torregaveta è quello dal quale, nell’estate del 2008, si tuffarono Violetta e Cristina Ebrehmovic le due ragazzine nomadi che avevano caldo e non si resero conto che il mare mosso le avrebbe ingoiate. Due cuginette che erano con loro furono soccorse, le altre due piccole furono sopraffatte. Fecero il giro del mondo le immagini dei corpi distesi sulla sabbia, coperti da teli, tra l’indifferenza dei bagnanti che continuavano a prendere il sole e che restarono stesi sui lettini anche mentre passavano le bare «ma Torregaveta non è quella che venne mostrata in quelle foto – s’inalbera un signore distinto che passeggia sul molo – quella era gentaglia, la stessa che tra un po’ scenderà a frotte dai treni di Circumflegrea e Cumana per invadere e insozzare». Nel frattempo, per tenere sotto controllo la zona, è allo studio la possibilità di creare una piccola stazione della guardia costiera proprio su quel molo, da far entrare in funzione nei mesi estivi. Superato il punto di svolta, la costa diventa un po’ più pulita, gradevole, abbordabile. L’isolotto di San Martino, la spiaggia di Acquamorta, i lidi di Miliscola e quelli di Miseno che nel corso degli anni si sono trasformati in luoghi di ritrovo anche notturni per i ragazzi che d’estate vogliono stare sempre sulla spiaggia, perfino ballarci sopra. Da quel punto in poi, fino ai confini con l’area metropolitana di Napoli, tra pregi e difetti il litorale continua ad essere considerato tutto balneabile, eccezion fatta, naturalmente, per lo specchio d’acqua antistante la città di Pozzuoli.

Powered by PhPeace 2.6.4