Il caso La precisa, dopo i sigilli torna l'incubo veleni
Teano. Si chiama fosforo rosso ed è una sostanza inquinante, facilmente infiammabile e capace di sprigionare fumi tossici l’ultimo incubo che sale dalla vallata della stazione ferroviaria di Teano che accoglie i resti della fallita fabbrica di ordigni bellici La Precisa Spa. Si tratta di dodici fusti celati in uno dei ventuno capannoni industriali dell’ex opificio di ordigni bellici, scoperti mercoledì sera dalla guardia di finanza di Caserta e Sessa Aurunca. Il capannone, com’è emerso ieri, potrebbe non essere tra quelli venduti dal curatore fallimentare alla società Progetto Napoli Est che intenderebbe farne, dopo opportuna bonifica già appaltata ma che va a rilento, una zona residenziale con servizi integrati di tipo sportivo e agrituristico. La scoperta Gli uomini delle fiamme gialle erano in servizio di pattugliamento del territorio, sulle tracce di due spacciatori di droga, quando si sono imbattuti nell’incredibile sito dei veleni. Otto ore dopo la scoperta, la mappatura dell’area e l’arrivo degli artificieri dell’esercito, è scattata la decisione del comandante provinciale della guardia di finanza, colonnello Vincenzo Amendola: l’area è stata messa sotto sequestro in attesa di accertamenti. Oltre ai fusti di polvere al fosforo è stato trovato un numero ancora definire di recipienti di pezzi di bombe a mano con rivestimento plastico. Manca, per fortuna, l’innesco, la spoletta. Poi c’è il problema delle coperture di cemento-amianto che riguarda ben ventuno capannoni per un totale di tredicimila metri quadrati di pannelli ondulati in Eternit in pessimo stato di conservazione. L’elenco della paura Ma nell’elenco della paura, come ci segnala la storia della Precisa dalla sua chiusura a oggi, occorre anche inserire un quantitativo di cianuro e poi cromato di bario, piombo nitrato, alluminio solfato, potassio nitrato, vernici esauste e solventi, contenitori vuoti di tricloroetilene, benzene e oli minerali. La storia della fabbrica di ordigni bellici La Precisa finisce con la dichiarazione di fallimento del non lontano 1995, ma inizia nei primi anni sessanta. E solo a voler considerare il periodo di attività intensa occorre calcolare almeno trent’anni di produzione. Nelle fasi preliminari, spesso sperimentali, di solo munizionamento bellico su commesse dell’Esercito: dalle bombe a mano, alle cariche per cannoni e ai colpi per carri armati. Una storia costellata di episodi felici per la città, con l’assunzione al lavoro di centinaia di persone tra operai e impiegati. La tragedia 47 anni fa Ma anche una storia fatta di drammi e morte, come quando il 23 settembre del 1964 in una esplosione persero la vita sei lavoratori, cinque donne e un uomo. Già perché «giù alla Precisa» gli operai hanno sempre avuto a che fare con sostanze da maneggiare con cura. E nonostante ciò, il lavoro, benché sporco, pericoloso: spesso mancava. Quando le commesse tardavano a venire e si parlava di licenziamenti era sempre e soprattutto il vescovo della diocesi di Teano-Calvi Risorta, quella felice memoria di Francesco Tommasiello, a intercedere con i vertici dei vari ministeri; fino a trovare una soluzione. La svolta Negli anni settanta è stata la volta dei tentativi di diversificazione della produzione. Da quei capannoni ora nel mirino perché ricoperti di amianto, venivano fuori apparecchi stereofonici, giradischi, nastri magnetici e persino, giocattoli, fucili in plastica, pistole. Senza mollare il core business che rimaneva sempre quello: la produzione di bombe a mano, da guerra e per esercitazione. Fino al salto di qualità: un progetto tutto in house per la produzione di bombe ignifughe, per lo spegnimento degli incendi boschivi. Fu il canto del cigno per lo stabilimento che non trovando appoggi politici in nessuno dei livelli istituzionali e nemmeno un avveduto imprenditore che prendesse a cuore il progetto, dovette gettare la spugna. Alcuni dei lavoratori si riunirono in cooperativa e con i soldi della liquidazione iniziarono un’avventura produttiva nei dintorni di Frosinone che non ebbe fortuna. La dismissione La fabbrica fu sbarrata, presidiata ancora per qualche anno e poi abbandonata col suo carico di storia passata ma anche di veleni letali. Sostanze che ogni tanto tornano alla ribalta, emergendo una volta dal sottosuolo, dai capannoni piuttosto che dai depositi ricoperti di amianto e rovi. La dichiarazione di fallimento, non priva di ostacoli nel suo tortuoso cammino dove fu necessario liquidare creditori e dipendenti ci porta ad anni più recenti e a episodi critici per la collettività. L’incendio Alle ore 12 del 4 agosto del 2005 un sordo boato e poi il sollevarsi nel cielo di un’inquietante nube policroma, rossa e marrone, ricorda a tutti (residenti, responsabili sanitari, amministratori comunali e forze dell’ordine), che il problema La Precisa è ancora lì, latente e irrisolto. Il fallout, la ricaduta al suolo, delle polveri disperse nell’aria, spedisce quindici persone, residenti di Teano Scalo, al pronto soccorso. Pelle irritata, abbondante lacrimazione e difficoltà di respirazione. Si registra il panico in tutto il quartiere, gente che sta male. Dieci minuti dopo i fatti sul posto si precipitano carabinieri, polizia municipale, vigili del fuoco e tecnici dell’Arpac. L’area viene sequestrata. Comincia così l’affannosa ricerca degli esperti di contaminazione ambientale. La risposta arriva dopo alcuni giorni: si trattava di cianuro. Una sostanza assolutamente tossica, utilizzata nei processi di lavorazione dei metalli inizialmente impiegati in fabbrica. Un problema serio col quale si trova ad avere a che fare, per le rispettive responsabilità di tutela della salute pubblica, il Comune di Teano, i livelli locali dell’Asl, e lo stesso curatore fallimentare che si trova di fronte ad un nuovo ostacolo nel processo di messa liquidazione e vendita della zona. La bonifica mancata Ma la bonifica impone il dissequestro che avviene il 4 settembre del 2005 su ordinanza del gip Francesco Chiaromonte. La storia recente è fatta di varie denunce dei cittadini residenti e poi un periodo di silenzio apparente durante il quale tutti pensano che lì dentro si lavori alla bonifica. Fino al sequestro di mercoledì quando è parso evidente che la bomba ecologica chiamata ex Precisa è ancora tutta da disinnescare.